Migliaia di carte. Documenti che raccontano di un crac milionario. È la storia della Zincar, la società partecipata dal Comune e da A2a dichiarata fallita dal tribunale nelle scorse settimane. Quelle carte, da ieri, sono nelle mani del pubblico ministero Alfredo Robledo, che ha aperto uninchiesta ipotizzando il reato di peculato. I finanzieri del Nucleo di polizia tributaria si sono presentati in via Larga con un provvedimento di sequestro firmato dalla Procura. Stessa scena, più tardi, negli uffici della società di revisione Price Waterhouse and Coopers, che ha fornito materiale utile per ricostruire l«agonia» della spa a capitale pubblico che avrebbe dovuto occuparsi di energie rinnovabili. Ma che è rimasta affossata da una gestione che i liquidatori Angelo Provasoli e Angelo Casò hanno definito come priva dei «più elementari strumenti di programmazione e controllo». E nel registro degli indagati finisce anche il primo nome. È quello di Francesco Baldanzi, ex direttore generale della società.
La mossa della Procura segue gli esposti presentati nelle scorse settimane proprio dai liquidatori di Zincar e dal direttore generale del Comune. Lettera morta, almeno per ora, sembra invece la prima denuncia arrivata sul tavolo del magistrato, quella di Vincenzo Giudice, ex presidente di Zincar e del consiglio comunale. Anche se era stato proprio Giudice, per primo, a parlare di distrazioni di risorse pubbliche, di fondi distribuiti a società create ad hoc e riferibili a persone interne allamministrazione comunale e alla spa. E Giudice, ieri, ha ribadito «la mia massima disponibilità alla magistratura a essere sentito».
Procura e Guardia di finanza, ora, dovranno stabilire quale fosse la reale governance del gruppo, e seguire i mille rivoli lungo i quali si sarebbero dispersi i finanziamenti ricevuti da Palazzo Marino.
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