Cracco, D&G e Rampello alleati Così parte la lobby pro-città

La controffensiva dopo lo "scippo" delle passerelle, il divorzio del Giro d'Italia, l'addio del pomeriggio Tv. I primi personaggi reclutati per difendere il "made in Milan". Lo chef: "L’impero è qui". Il designer: "Riprendiamoci l’hub"

Cracco, D&G e Rampello alleati 
Così parte la lobby pro-città

Lo chef Carlo Cracco e l’architetto e designer Fabio Novembre. Sono loro i primi nomi della lobby, o meglio, del tavolo della creatività chiamati in difesa del made in Milan. «E in futuro ho intenzione di coinvolgere Stefano Dolce e Domenico Gabbana e altri stilisti, il presidente della Triennale Davide Rampello e i presidenti di Fiera Milano, Michele Perini e del Cosmit Carlo Gugliemi», aggiunge l’assessore Giovanni Terzi.
Lavoreranno insieme per capire come impostare la strategia per salvaguardare le nostre eccellenze, quelle milanesi s’intende. Contro ogni possibile scippo da parte della capitale, Giro d’Italia o passerelle della moda. «Mi scusi, ma a nessuno è mai venuto in mente di andare a Roma per avere successo. Vengono tutti a Milano, perché è una città sempre in movimento, un laboratorio permanente di idee. La capitale dell’impero è qui». Vicentino d’origine, milanese d’adozione e nello spirito, Carlo Cracco è uno degli chef più famosi al mondo. La sua carriera è iniziata qua. «Un motivo ci sarà perché la moda e gli stilisti sono tutti a Milano, o no?». Perché è una metropoli fondata su principi molto forti, dove chiunque arriva, trova accoglienza e può sviluppare idee e progetti. «Lo dicono i fatti prima di tutto. Io sono di Vicenza, ma mi sono formato qui. Armani è piacentino eppure si è affermato a Milano, lo stesso Versace che è calabrese». Dolce e Gabbana sono siciliani, eppure il loro piccolo impero l’hanno creato nella città della Madonnina. «Ora per salvaguardare quest’eccellenza bisogna riscoprire i valori tipici della milanesità che sono il rispetto del lavoro, la tutela della meritocrazia. Viviamo in una città giusta e accogliente che è quanto di meglio un non milanese può trovare. In questo, Milano è imbattibile». Oltre che per l’apertura mentale e la propensione a fare cose nuove. «Lo scippo romano della moda? Per me è un assoluto depistaggio. Roma non potrà mai e poi mai ambire a essere una capitale delle passerelle. La capitale in questo non ha alcuna chance». Fabio Novembre, 43 anni, architetto e designer. Pugliese, ideatore delle fioriere nelle 500 in via Montenapoleone. Non ha dubbi sul primato di Milano su Roma nel prêt à porter. «Il vero problema semmai è non perdere il treno con Parigi, Londra e New York. Il vero problema è perdere Milano come hub internazionale. I buyer sono pigri e se per arrivare qui devono prendere due aerei, non lo fanno». Questo è il punto. Il resto, le minacce di scippo sulle passerelle, contano pooco o nulla a suo parere. «Non diamo retta a una rivista di taglio e cucito. Piuttosto facciamo un tavolo per interrogarci sul ruolo di Milano a livello internazionale e di numeri, di quanto cioè vale il fatturato della moda italiana». Perché, è convinto Novembre, il creativo senza istituzioni non servono a nulla. È come la Cappella Sistina e Michelangelo, senza il Papa non si fa.

Poi pensa alle sue origini pugliesi e alla sua esperienza di vita meneghina.
«A Milano vale il dire diritto di terra e non quello di sangue. Come tutte le migliori città del mondo. In questo è internazionale. Dopo 25 anni, mi sento più milanese di uno nato a Brera».

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