Cultura e Spettacoli

«Creerò disagi in Vaticano? Magari»

«Creerò disagi in Vaticano? Magari»

da Berlino

L'unico film italiano in concorso al Festival di Berlino, In memoria di me di Saverio Costanzo, è stato accolto ieri con freddezza dalla stampa, ma con un lungo e caldo applauso dal pubblico. Un epilogo coerente al modo in cui lo stesso Costanzo tratta la vicenda.
Signor Costanzo, nel suo film non prende posizione...
«Perché per me è come giudicare e preferisco evitarlo».
Il film è tratto da Il gesuita perfetto di Furio Monicelli?
«Sì, ma come punto di partenza. Il libro narra del suo noviziato tra il 1952 e il 1953».
E anche del tema dell'omosessualità...
«Il romanzo è degli anni Sessanta e tocca la tematica per introdurre temi allora proibiti».
E nel suo film?
«Il tema resta latente e di libera interpretazione».
Come spiega allora il bacio tra il novizio in fuga e il priore?
«Come quello di Gesù nel Grande Inquisitore. Con il suo bacio spinge l'inquisitore a non dimenticare l'amore come scelta».
A proposito di scelta. I personaggi ne sono dilaniati...
«Certo, perché vacillano come tutti gli uomini su un quesito vitale: “Chi sei?”».
Quale rapporto ha con la fede?
«Molto forte. Però non credo nella religione».
Lei è critico verso le istituzioni religiose?
«Il film non ne vuole certo essere un'apologia».
Che cosa ne penserà il Vaticano?
«Se questo film gli creasse qualche disagio, valeva la pena di girarlo».
Lei sembra però ferrato in materia religiosa...
«Il film richiedeva preparazione. Per questo sono stato col cast sette giorni in ritiro spirituale in un convento gesuita». Dopo ha trovato una via?
«Sì. La ricerca interiore dell'amore».
Beato lei che ci è riuscito!
«Cristo ha detto: “Ama il tuo prossimo come te stesso”. Il personaggio del mio film non riesce ad amare perché non ama se stesso».
Che ruolo ha la musica nel film?
«È funzionale a un costante contrappunto. E poi mi ricorda il tempo dai Gesuiti... Mangiavamo con la polka e il valzer, per mettere sempre, come sostengono loro, tutto in discussione».
E nel film?
«La musica alleggerisce. Quando il personaggio è disperato, un motivo musicale, inadeguato al momento, smorza i toni».
Cinico?
«È importante non prendersi sul serio, altrimenti si perde lucidità di analisi».
Perché due dei tre interpreti principali non sono italiani.
«Volevo un clima internazionale, come nei monasteri».
Come è approdato il film alla Berlinale?
«La commissione giudicante del festival lo ha visionato a novembre, ma lo ha ammesso al concorso solo in gennaio».
Lo dice quasi contrariato.
«Avrei lasciato il film a maturare ancora un paio di mesi.

Ma non potevo perdere l'occasione».

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