Roma

Crepax e il fumetto a ritmo di jazz

Dal celebre «L’uomo di Harlem» alle seduzioni di Valentina

Lucio Filipponio

Se il bianco e nero è il colore del fumetto, Guido Crepax ne è stato il suo Charlie Parker! Proprio nell’anima più noir del virtuoso della vignetta va rintracciato il nesso viscerale tra due arti solo in apparenza così distanti. O meglio sono quattro gli elementi interconnessi: Crepax, il jazz, il fumetto ed il bianco/nero. Quattro facce dello stesso immaginario collettivo. Non è un caso, dunque, che Mario Ciampà ed Elisabetta Pisu abbiano deciso di allestire la mostra Guido Crepax e il jazz, presso l’Auditorium Arte.
Nell’ambito del «Roma Jazz Festival» prende vita l’idea di esporre, per la prima volta in maniera organica, i disegni e le tavole sul jazz dell’artista milanese. Un artista «pop» per un festival che vuole indagare le forme espressive più attuali e popolari della musica jazz.
«All’interno del percorso espositivo - spiega Mario Ciampà - rivestono un ruolo centrale le tavole del fumetto L’uomo di Harlem, in cui Crepax sviluppa una storia di tipo malavitoso inspirandosi al genere gangster; il jazz entra nel fumetto a pieno titolo. Il ritmo della narrazione è scandito da tavole dedicate a brani classici di questo genere musicale».
Ricordiamo che L’uomo di Harlem, esposto nell’originale in bianco-nero, è l’unico fumetto di Crepax ad essere stato colorato. In questa versione l’autore utilizza un espediente narrativo che potremmo definire quasi sinestetico, inserendo qua e là nelle tavole a colori una vignetta estemporanea in bianco/nero, che porta in calce un titolo di un classico del jazz. Crepax, in tal modo, intendeva richiamare il motivo del brano suggerito evocando una sinestesia comprensiva di narrazione, musica e disegno.
«Altrettanto significative della sua passione per il jazz - continua Ciampà - sono le 15 copertine di dischi 33 e 45 giri illustrate, le tavole del fumetto Nessuno, incentrato sull’incontro tra Valentina e i grandi maestri del jazz dell’era boop e cool e del fumetto Rembrandt e le Streghe in cui le citazioni di brani e di musicisti sono tratte da situazioni realmente vissute dall’artista». Inevitabilmente è Valentina, il personaggio femminile che più degli altri ha fatto la fortuna dell’artista milanese, a essere protagonista della mostra. Chi gli ha ispirato Valentina? L’attrice americana Louise Brooks, di cui teneva una fotografia nel cassetto o la moglie (Luisa, anche lei) che ne ha adottato il caschetto di capelli neri? È proprio lei a confidarci che: «Guido ascoltava musica classica dall’età di otto anni sbirciando da dietro la porta le prove del padre, primo violoncello alla Scala; poi è arrivato il jazz. Sosteneva che il jazz e il fumetto ottenevano i risultati migliori nelle dimensioni ridotte. Ad esempio gli Hot Five di Armstrong, i Red Hot Peppers di Jelly Roll Morton, il quintetto di Parker, il quartetto di Mulligam...

eccezion fatta per Duke Ellington».

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