Crisi libica: su il petrolio Più cari pure i carburanti Diesel ormai a quota 1,4

Per le tensioni in Medioriente crescono le quotazioni del greggio. E nei distributori il caro-carburante è già in atto: la verde oltre quota 1,5 euro/litro, il gasolio supera gli 1,4

Crisi libica: su il petrolio 
Più cari pure i carburanti 
Diesel ormai a quota 1,4

Milano - Prosegue senza sosta la salita dei prezzi dei carburanti, con il diesel che supera quota 1,4 euro al litro. Nel fine settimana TotalErg ha ritoccato all’insu di 0,3 centesimi il prezzo raccomandato della benzina, mentre questa mattina Tamoil è salita di 0,5 centesimi sia sulla verde che sul diesel. I prezzi medi della benzina (in modalità servito) vanno dall’1,507 euro/litro di Esso all’1,515 di Tamoil (no-logo a 1,425 euro/litro). Per il diesel si va dall’1,394 euro/litro di Esso all’1,404 di Tamoil (le no-logo a 1,333 euro/litro). Il gpl, infine, si posiziona tra lo 0,788 euro/litro di Eni allo 0,797 euro/litro di Tamoil (0,772 euro/litro le no-logo). I rialzi non sono ancora del tutto assorbiti a livello di prezzi praticati sul territorio, dove, tuttavia, si scontano i passi in avanti dei giorni scorsi delle altre compagnie. Sale inoltre il divario tra le punte minime registrate al Nord e quelle massime al Sud (per la verde, in particolare, ci si avvicina nuovamente agli 8 centesimi) e l’allargamento di quello tra petrolifere e no-logo (ora a 9 centesimi sulla benzina).

La crisi libica e il prezzo del greggio Nel migliore dei casi si profila una fase di accentuata volatilità e tendenza al rialzo dei prezzi del petrolio, nel moltiplicarsi di tensioni sociali e geopolitiche del mondo arabo, che durante il fine settimana hanno visto sviluppi drammatici in Libia. Già da oggi i prezzi hanno segnato balzi in avanti, per ora però gli analisti del settore tendono a escludere gravi ripercussioni sulle forniture di greggio, secondo un sondaggio appena pubblicato da Cnbc, anche se lo scenario è aperto e soggetto a elevata incertezza. Messi insieme i Paesi produttori di greggio dove si registrano tensioni sociali garantiscono circa 4 milioni di barili di petrolio al giorno, secondo Lawrence Eagles, di JPMorgan. Mentre secondo l’agenzia internazionale per l’energia il resto dell’Opec - il cartello degli esportatori di greggio - dispone di un argine di aumento delle forniture da 5 milioni di barili al giorno. Ma sempre secondo l’Aie questo margine di incremento della produzione Opec si sta assottigliando. Finora le tensioni in Tunisia ed Egitto non hanno avuto ricadute sull’approvvigionamento di oro nero, secondo diversi analisti consultati dall’emittente Usa. Oltre agli sviluppi dei singoli paesi, in Egitto un fattore critico che interessa il settore petrolifero è legato al Canale di Suez. Da questo passaggio infatti transita il 2,5 per cento della produzione globale di oro nero. In ogni caso 9 degli 11 esperti sentiti prevedono rialzi dei prezzi. Proprio oggi a Londra il barile di Brent, il greggio del mare del nord che è anche il più reattivo alla situazione internazionale, ha superato quota 105 dollari, sui massimi dal settembre 2008. Negli scambi elettronici sul New York Mercantile Exchange i futures sul greggio in prima scadenza segnano un balzo di 2,15 dollari rispetto alla chiusura di venerdì scorso, con il barile di West Texas Intermediate a 88,37 dollari.

Resta così molto ampio il divario di prezzo che si è creato tra il greggio di riferimento degli Usa e quello del mercato londinese. In parte i più bassi livelli del Wti derivano dai consistenti valori delle scorte americane di oro nero, un fattore che contrasta le spinte rialziste sui prezzi.

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