C’è in gioco molto di più del destino dell’Irlanda e del suo disastrato sistema bancario nella riunione di oggi dell’Eurogruppo e dell’Ecofin. Forse la stessa sopravvivenza dell’Unione monetaria, almeno così come è stata finora concepita quale punto di aggregazione e non di disgregazione nel Vecchio continente. Quell’idea costitutiva, in cui si volevano coniugare crescita e stabilità economica, soffre oggi gli attacchi endogeni che derivano da casse pubbliche (caso Grecia) o da un sistema finanziario fuori controllo (caso Irlanda) e, dall’esterno, è bersaglio di continue speculazioni. L’euro può morire? Nella fase più acuta della recessione, quest’ipotesi non veniva neppure presa in considerazione. L’Unione appariva un fortino inattaccabile, con un esercito che non poteva perdere soldati: adesso, a molti non appare più una mera provocazione la frase pronunciata nella scorsa primavera dall’ex numero uno della Fed, Paul Volcker, sulla «disintegrazione dell’euro». Soprattutto dopo che il presidente dell’Ue, Herman Van Rompuy, parlando proprio di «crisi per la sopravvivenza», ha finito per dar corpo alle paure di un effetto-contagio a tutti i Paesi periferici. Non a caso, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha rivolto ieri un appello ai presidenti del Gruppo degli otto (oltre all’Italia, Austria, Finlandia, Germania, Lettonia, Polonia, Portogallo e Ungheria) perchè «dinanzi alle tensioni in atto nei mercati finanziari si esprima pubblicamente piena fiducia nell’euro, con una chiara e comune determinazione a contrastare contagiose speculazioni contro la moneta unica frustrando ogni tentativo di provocare un default di Stati sovrani dell’Eurozona».
È dunque un segnale forte e chiaro quello che deve venire oggi dal vertice dell’Eurogruppo, presieduto dal premier lussemburghese Jean-Claude Juncker, e dell’Ecofin. In assenza di un’intesa, alla riapertura dei mercati il rischio è quello di scatenare un fuggi-fuggi degli investitori, dopo che già la scorsa settimana le Borse sono collassate e gli spread sui titoli di Stato irlandesi, spagnoli e portoghesi sono schizzati a nuovi record. Nonostante l’importanza dell’appuntamento, i ministri non si incontreranno fisicamente a Bruxelles, ma solo in teleconferenza. Il negoziato, assicurano fonti da Bruxelles, è quasi chiuso. Sul tavolo, gli 85 miliardi di euro di aiuti da concedere a Dublino per soccorrere le banche irlandesi. Uno scenario messo a punto da Fitch subordina la concessione del piano di salvataggio alla parziale ristrutturazione del debito irlandese. Una clausola che avrebbe implicazioni non leggere sull’euro zona. Ieri è inoltre circolata l’indiscrezione, smentita da Eamon Ryan, ministro irlandese delle Comunicazioni, secondo cui il tasso del prestito si colloca al 6,7%, ben più alto rispetto al 5% pagato dalla Grecia. L’isola verde pagherebbe insomma circa 8,5 miliardi di interessi l’anno (il prestito ne dura nove), il 20% delle entrate.
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