Roma - La decisione era nell’aria da tempo e alla fine è arrivata dopo quattro mesi di tentennamenti. Moody’s ha tagliato il rating dell’Italia portandolo da Aa2 ad A2. Una valutazione già scontata dallo spread dei titoli di Stato, ma che comunque fa male perché assegna al nostro Paese un’affidabilità finanziaria inferiore a quella di «piccoli» di Eurolandia come Slovacchia ed Estonia.
I tecnici dell’agenzia di valutazione di New York hanno confermato l’outlook negativo perché il nostro Paese è esposto ai rischi finanziari connessi all’economia dell’Eurozona. Il rischio di default è considerato«remoto»,ma l’operazione- taglio è stata intrapresa perché, nonostante le misure draconiane adottate di recente, l’orientamento dei mercati nei confronti dell’area euro con elevati debiti pubblici o alti deficit è negativa. E ciò potrebbe causare problemi di sottoscrizione dei titoli a grandi emissori come l’Italia che nel 2012 chiederà agli investitori oltre 200 miliardi di euro.
In particolare, la decisione è stata dovuta a tre fattori: l’aumento della difficoltà di finanziamento delle istituzioni dell’area euro, l’ulteriore peggioramento del contesto macroeconomico causato dalla sua debolezza strutturale e l’incertezzasulconsolidamentofiscale previsto dalla manovra con il pareggio di bilancio per le difficoltà della situazione politica ed economica. Il giudizio, come nel caso di S&P due settimane fa (taglio da A+ ad A), è soprattutto «politico». Gli esperti di Moody’s, infatti, considerano la bassa produttività e le rigidità del mercato del lavoro (proprio quelle denunciate dall’ad Fiat Sergio Marchionne) un ostacolo alla ripresa. L’Italia è un Paeseche non soffre una crisi del sistema finanziario, sono solide le banche e non sono troppo indebitati i cittadini. Ma per gli analisti non basta: potrebbe mancare il consenso politico se altri tagli si rendessero necessari.
E proprio l’uomo che ha in mano le chiavi del Tesoro, Giulio Tremonti, ieri ne ha combinata un’altra delle sue. Durante l’Ecofin in Lussemburgo sull’emergenza greca, il ministro ha spiegato a chi gli chiedeva come mai, nonostante le manovre correttive e il peso dell’economia del Belpaese, i titoli di Stato italiani siano considerati più rischiosi di quelli spagnoli, che «dipende anche dall’annuncio di nuove elezioni» a Madrid. Un annuncio «che di per sé è una prospettiva di cambiamento e quindi un’apertura al futuro».
L’equazione «voto uguale credibilità agli occhi dei mercati» è stata inevitabilmente applicata al governo italiano, anche perché le pagine politiche degli ultimi giorni si sono concentrate proprio sulle opposizioni che, dopo vari tentennamenti, hanno deciso di chiedere elezioni anticipate in nome dell’emergenza economica e politica.
Di precisazioni ne sono arrivate tre. Prima lo stesso ministro ha spiegato: «Dicevo così per dire in realtà la differenza fra gli spread» sui titoli di debito italiani e spagnoli «dipende da tante cose». Poco dopo lo staff di Via XX Settembre ha aggiunto che «il riferimento agli spread spagnoli era ed è di conseguenza esclusivamente relativo alla Spagna e non all’Italia». Infine, Tremonti è tornato a spiegare che «non stavo parlando di politica interna». Smentite andate a vuoto.
Dall’esecutivo sono arrivati tanti mugugni lontani dai microfoni e una censura esplicita, quella di Renato Brunetta.
Il responsabile della Pubblica amministrazione ha liquidato quella di Tremonti come una gaffe, ma non per questo ha fatto sconti al collega economista e ministro. «Ogni tanto anche i professori seri come Tremonti dicono qualche stupidaggine». È vero. Ogni tanto capita. Forse troppo spesso.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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