Da Crispi a don Sturzo l’Italia fatta dai «sudisti»

Teatro, radio, editoria multimediale, didattica in un unico progetto. Storie interrotte. Il Sud che ha fatto l’Italia (Laterza, pagg. XXIII-249, euro 9) è il volume «pilota» di un’iniziativa articolata che vuole diffondere attraverso «dialoghi possibili» scritti da studiosi e affidati al teatro e ad altre forme di comunicazione, la «conoscenza oggi circoscritta, sfocata o distorta» di cinque figure-chiave della storia italiana: Francesco Crispi, Francesco Saverio Nitti, Donato Menichella, Luigi Sturzo e Giuseppe di Vittorio.
Non dei «medaglioni», ma un contributo per costruire una cultura politica nazionale. «Il progetto nasce dalla constatazione che è oggi debole, debolissima, la consapevolezza del contributo di idee e di azioni degli uomini e delle donne che hanno concretamente lavorato a disegnare il paese», scrivono Fabrizio Barca, Leandra d’Antone e Renato Quaglia, curatori del volume. Un problema gigantesco, quello dell’identità nazionale, in ordine al quale sarebbe ridicolo suggerire formule risolutive. È possibile però porre il tema dei «padri fondatori» attraverso iniziative intelligenti che, per la loro originalità, facciano parlare di sé. È il caso di questo progetto che ha visto impegnati alcuni professori universitari nel dare voce ai cinque protagonisti citati e ai loro interlocutori, uomini della stessa epoca ma con idee diverse, in grado di regalare al lettore il senso dei convincimenti personali insieme a quello dei loro travagli.
Ma che cos’hanno in comune Francesco Crispi, liberale alla guida del governo nell’ultimo scorcio del XIX secolo, negli anni cruciali della trasformazione economica e istituzionale del Paese; Francesco Saverio Nitti, docente universitario, giornalista e grand commis di prima grandezza, figlio della piccola borghesia meridionale d’ispirazione garibaldina sempre antifascista; Donato Menichella, direttore dell’Iri negli anni Trenta e poi governatore della Banca d’Italia, artefice accanto ad Alberto Benedice delle nuove forme d’intervento pubblico nell’economia che hanno permesso all’Italia lo sviluppo post-bellico; don Luigi Sturzo, il prete di provincia che fondò il Partito popolare con l’intento di inserire le masse cattoliche nella vita politica del Paese in una prospettiva laica, democratica, liberale ed autonomistica; Giuseppe di Vittorio, il bracciante precario divenuto uno dei più importanti dirigenti del movimento operaio italiano?
Sono, innanzitutto, tutti rappresentanti del «Sud che ha fatto l’Italia», e li contraddistingue la capacità di decidere esplorando forme originali di soluzione ai problemi, in cui si contemperano in modo equilibrato le diverse dimensioni implicate nelle vicende dello Stato e della società, dalla polarità pubblico-privato a quella locale-globale: «Il pragmatismo ricco di passione civile e nazionale, la visione delle istituzioni locali come parte di un disegno non particolaristico, la concezione di un’azione pubblica centrale decisiva per lo sviluppo purché integrata nei territori, amica del mercato, non pervasiva e illibertaria».
I materiali sono stati «drammatizzati» da Paolo Patui, che ha creato i testi degli spettacoli affidati a cinque compagnie del Sud Italia sui quali si realizzerà una speciale produzione radiofonica di Radio3-Rai.

Inoltre, con il concorso del ministero della Pubblica istruzione, verranno preparati cinque audio-libri editi dalla Luca Sassella Editore, con l’obiettivo di coinvolgere le scuole in forme di didattica innovativa e sperimentale facendo sponda sul «teatro-narrazione», quel genere che Ascanio Celestini ha definito una «nuova letteratura orale».

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