Cristiano De André: «Che successo con i brani di papà Ne farò un cd»

Ha vinto la sua sfida più importante, una tournée che è un atto d’amore. «Canto mio padre, libero nella vita ma fedele nell’arte», ci ha detto Cristiano De André prima di partire per il giro di concerti in cui per la prima volta affronta l’estetica sottilmente violenta, dolorosa e penetrante di papà Fabrizio. Ora, dopo venti concerti, è arrivato all’ultima tappa (lunedì al Palasharp di Milano) e tira il fiato con compiaicuta soddisfazione dopo una fila ininterrotta di tutto esaurito. «Non me l’aspettavo proprio - dice - tutto questo affetto del pubblico dopo sette anni di assenza dalle scene; è stata un’emozione incredibile, soprattutto perché era condivisa con papà. Il suo spirito aleggiava sul palco». Un successo imprevisto che Cristiano ha voluto subito immortalare su disco, un album-riassunto che uscirà in ottobre.
C’era in ballo la musica ma soprattutto il ricordo, il sentimento, quel groviglio di amore e odio che lega un padre (e che padre) e il figlio. «Con un genio come lui non ho potuto permettermi il complesso di Edipo - sottolinea Cristiano -, tanti hanno cantato le sue ballate, io sono quello più vicino all’originale, perché ho una manciata dei suoi cromosomi. Posso solo avvicinare i nostri due mondi: la sua poesia con un pizzico di rock. Lui da vero anarchico voleva cambiare tutto subito, io sono più riflessivo anche nel rileggere le sue ballate, senza perderne però la spontaneità». Così Cristiano ha scelto accuratamente il repertorio, cucendo Amico fragile («quella che fra tutte mi sembra la sua fotografia») a Verranno a chiederti del nostro amore («quella cui è legato il ricordo più caro. La compose in casa, una sera, per mia madre. Avevo quattro anni e la vidi abbracciarlo con trasporto, ringraziandolo per avergliela dedicata»), da Creûza de ma («un manifesto della world music») a Il pescatore («una vera parabola che spiega come scriveva papà, raccontando la fatica di vivere in un mondo pieno di cose ingiuste»). Ce l’ha fatta dunque Cristiano, a metabolizzare la morte del grande Fabrizio affrontandola a viso aperto e con la chitarra, ce l’ha fatta a raccontarla persino, a sputarla fuori con la sua rabbia e il suo affetto senza copiarla meccanicamente. E ci ha preso gusto, tanto che tra poco partirà la tranche invernale di concerti.

«All’aperto ho eseguito i brani che definirei più movimentati; ora negli spazi chiusi potrò aggiungere pezzi intensi come La città vecchia». Dissolti i fantasmi del passato, Cristiano guarda avanti e si prepara al ritorno come autore: «Sto lavorando da cinque anni al nuovo album e spero di pubblicarlo l’anno prossimo».

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