Un Cristo storico e sempre presente: l’attualità della sfida più difficile

Esce domani Uomini senza patria (Bur, pagg. 400, euro 9,20), il libro che raccoglie i testi pronunciati nei primi anni Ottanta da don Luigi Giussani, il fondatore di Comunione e liberazione, in occasione degli annuali incontri con i responsabili degli universitari. La prefazione, che il Giornale anticipa, è del successore di Giussani, don Julián Carrón. Il titolo rievoca una frase detta da Giovanni Paolo II ai ciellini nel 1982: «Voi non avete patria, perché voi siete inassimilabili a questa società». I testi del nuovo libro appaiono oggi più attuali di quando sono stati pronunciati. Giussani ripete che «il cristianesimo è un avvenimento... qualcosa che accade, quell’Uomo che hanno trovato là, che hanno trovato quella volta. Il cristianesimo... che cosa è risultato? Un discorso? Delle capacità di costruire delle cooperative, di fare delle iniziative? Ma no! Era un uomo in cui ci si è imbattuti per strada... è la notizia di qualcosa che c’è: un avvenimento».
Don Giussani, 26 anni fa, metteva in guardia gli stessi suoi amici e compagni di viaggio: «In fondo in fondo, tutta la nostra attività, da quando è nata Cl... tutti i Meeting di questo mondo, tutte le cooperative, tutta la lotta per le mense, tutto quello che noi facciamo è per avere una patria in questo mondo. Non dico che non sia giusto. Dico che lo facciamo per avere una patria e che questa patria non l’avremo». Don Giussani continuava osservando che «fino a quando il cristianesimo è sostenere dialetticamente e anche praticamente valori cristiani, esso trova spazio e accoglienza ovunque», mentre «là dove il cristiano è l’uomo che annuncia nella realtà umana, storica, permanente» la presenza di Cristo, «questo uomo non ha patria». Oggi la situazione è mutata, anche la sola affermazione dialettica dei valori cristiani appare più difficile: è ciò che ci si aspetta e si vuole che i cristiani facciano. «L’abbandonarci alla presenza di Cristo - continuava Giussani - costringe ad abbandonare la fiducia nella nostra azione, nella nostra opera, nel nostro modo di concepire, vale a dire nel nostro modo di fare operare i valori, cioè la nostra ideologia, anche se cristiana come spunto e pretesto... Anche l’Action Française voleva rimescolare il mondo in nome dei valori cristiani, ma non era fede. La fede è l’apertura energica a una Presenza». Il giudizio contenuto in queste parole riguarda la realtà del cristianesimo oggi, in Italia, in Occidente, e il rischio, sempre presente di trasformare l’avvenimento in ideologia, in solo sistema di valori o di norme morali, in riferimento identitario da innalzare «contro» qualcuno.

Nel 1980, dialogando con Giovanni Testori, Giussani aveva detto: «Questo è il tempo della rinascita della coscienza personale. È come se non si potessero far più crociate o movimenti... Crociate organizzate, movimenti organizzati. Un movimento nasce proprio con il ridestarsi della persona».

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