Caro dott. Lussana, leggo sempre la pagina del nostro Giornale che Lei dirige, e, trovandomi (quasi) sempre daccordo, faccio parte della categoria dei lettori «silenziosi». Ma questa volta il silenzio mi è troppo difficile. Mi riferisco alle dichiarazioni di quei giornalisti, che Lei ha ospitato, i quali si fecero le ossa col buon Vassallo per poi abbandonarlo e salire sulla «corazzata» del «Secolo». Quel «Secolo» di sinistra che bombardò con 40 articoli di prima pagina una persona perbene (genovese di origine romana) reo di avere «svegliato» Genova realizzando una Impresa (di cui io ero co-amministatore) che diede lavoro ed entusiasmo a più di 400 persone. Luomo divenne il simbolo di questa Azienda. La distrussero linvidia, e P.M. in cerca di «gloria» e notorietà attraverso i giornali di sinistra (ci vogliamo mettere anche la «corazzata»?) cui passavano informazioni dettate da telefoni pubblici. Dopo 4 anni devastanti, lassoluzione totale da parte dei Giudici del 2º grado, con una sentenza così severa per i precedenti che questi, caso rarissimo, non osarono neppure impugnare. Mi ha ricordato tutto questo la testimonianza di quella «penna pulita» che è stata, ed evidentemente è rimasta, la collaboratrice esterna Bressani; la quale volle rimanere al Giornale, e non partecipare allo «sciacallaggio» del quotidiano al quale invece altri aderirono.
Vada per il «tengo famiglia». Ma non facciamone eroi di coerenza, di pulizia di pensiero o cose del genere. Eroismo che spetta, invece, a quel galantuomo di Vassallo e di quelli che, rischiando, rimasero nel nostro Giornale.
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