Il critico televisivo del «manifesto» incantato dalle lezioni su Marx

«Sono l’unica in Italia che si è sorbita tutte le puntate di Porta a Porta. È durissima perché alla fine diventi un fantasma del palcoscenico». Così Norma Rangeri, giornalista del Manifesto e penna critica della televisione ha definito se stessa. Romana, generazione successiva al ’68, studi classici al liceo Tasso, poi alla facoltà di Lettere, cuore pulsante della sinistra intellettuale dove ha conosciuto Lucio Colletti, Paolo Flores d’Arcais, Pierluigi Battista e Guglielmo Pepe, giornalista di Repubblica poi diventato suo marito. Di quel periodo le sono rimaste scolpite nella mente le lezioni di Colletti sul «Capitale» di Marx e l’impressione lasciata dallo studioso quando ha abbandonato la sinistra per Fi: «Tremendo: è come il tradimento di un padre». Cronista politica per anni, nel 1992 Luigi Pintor le propone di scrivere di televisione. Da allora la sua rubrica s’intitola «Vespri». Ogni giorno guarda la televisione per cinque/sei ore.

Oltre che oggetto del suo lavoro (e dei suoi saggi pubblicati in questi anni) per la Rangeri la tv è anche un pericolo, un covo dove si «annidano notisti politici, quirinalisti, vaticanisti, perennemente inginocchiati».

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