
“Confermiamo la piena capacità di intendere e di volere di Alessia Pifferi”. È la conclusione a cui sono arrivati i periti nominati dalla Corte d’Assise d’Appello, e che questa mattina hanno testimoniato in aula. Gli esperti dalla corte hanno spiegato come sono arrivati alla conclusione che la 40enne fosse in sé quando ha abbandonato nel luglio del 2022 la figlia Diana di soli 18 mesi, in un appartamento di Ponte Lambro a Milano per quasi una settimana, provocandone di fatto la morte. I periti -lo psichiatra Giacomo Francesco Filippini, la professoressa di Neuropsicologia e scienze cognitive dell’Università Bicocca Nadia Bolognini, e lo specialista in Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza Stefano Benzoni hanno individuato un disturbo della donna relativo al periodo dell'infanzia, ma che non ha influito, stando all'analisi, sulla capacità di intendere e volere. Nessuno vizio di mente, dunque, come già aveva accertato lo psichiatra Elvezio Pirfo nel processo di primo grado, finito con la condanna all'ergastolo. “Non abbiamo ritenuto che i disturbi dell’esaminata abbiano avuto incidenza sulla capacità di intendere e di volere sia nella data dell’evento, sia nelle date precedenti”, ha spiegato lo psichiatra Giacomo Francesco Filippini. Dall’analisi di 70 documenti risalenti all’età scolare di Alessia Pifferi, comprendenti fogli di diario, dieci disegni, fino alle relazioni cliniche in cui veniva suggerita l’affiancamento di un maestro di sostegno, emerge una Alessia Pifferi bambina con “una disarmonia emotiva sulla base del disturbo della relazione con difficoltà di apprendimento secondaria”, ma contemporaneamente nelle relazioni si evince che ha una “potenzialità discreta”. I periti hanno ricostruito che i deficit cognitivi emersi sono “scarsamente invalidanti”.
Intanto è stata depositata la consulenza tecnica degli esperti nominati dalla sorella Veronica Pifferi, che si è costituita parte civile. Alessia Pifferi “è perfettamente in grado di intendere e di volere. Non agisce spinta da forze psichiche fuori controllo, ma compie scelte, le organizza, le porta a termine, mantenendo consapevolezza del contesto e delle conseguenze”, sottolineano la dottoressa Roberta Bruzzone e il dottor Alberto Caputo. “Il profilo di Alessia Pifferi - continua la consulenza - restituisce l’immagine di una mente fragile ma perfettamente lucida, capace di muoversi tra contraddizioni cognitive senza mai perdere il contatto con la realtà”.
Secondo i consulenti difesa, Alessia Pifferi ha invece un vizio parziale di mente con un quoziente intellettivo di 64 punti, cioè altamente deficitario. “Riteniamo che in Alessia Pifferi sussista un vizio parziale di mente, non era in grado di valutare propriamente le conseguenze delle sue azioni perché non ha le capacità per farlo. Il punteggio di 64 com quoziente intellettivo è acclaratamente deficitario”, le parole del professor Pietrini, consulente della difesa di Alessia Pifferi. Tratteggiando il profilo della 40enne condannata in primo grado all’ergastolo per avere abbandonato la figlia Diana di 18 mesi, causandone la morte, Pietrini spiega che ai tempi delle scuole elementari: “gli operatori si sono resi conto che qualcosa non andava, era chiaramente deficitaria per l’età. la terminologia è cambiata in maniera radicale, ma il contesto clinico è quello: nelle relazione viene definita ‘handicappata’, la parola ci dice che Alessia Pifferi aveva un quadro grave. Il disturbo del neurosviliuppo nasce con l’individuo e muore con l’individuo, si può al massimo modulare con il giusto supporto e l’impegno del programma di sostegno.
Il funzionamento della Pifferi è un funzionamento deficitario, dove la famiglia non pone attenzione a questo e anzi, viene trascurata. Il preside e il consiglio di istituto si dicono sbalorditi per il rifiuto da parte della famiglia del programma di sostegno allo sviluppo”.