Una sentenza molto discussa quella del tribunale di Venezia, che ha deciso di assolvere un uomo di 52 anni, accusato di violenza sessuale ai danni di una minorenne, perché ci sarebbe stato il consenso. Per i giudici, infatti, la ragazzina non avrebbe subito alcun tipo di pressione. Chiaramente il caso sta già facendo molto discutere.
Stando alla ricostruzione fornita in merito alla vicenda, la relazione fra i due era iniziata nel 2020. Si erano conosciuti sui social e per diverso tempo avevano continuato a parlare, scambiandosi messaggi e like sulle foto. Poi si erano incontrati di persona a casa della ragazza, all'epoca 15enne, quando i genitori di lei non erano presenti. I due si sono frequentati per circa nove mesi, dal novembre 2020 all'agosto 2021, vedendosi almeno due volte alla settimana. Chiaramente consumavano rapporti sessuali completi.
Secondo l'accusa, era stato l'uomo a chiedere insistentemente alla ragazzina di vedersi, ignorando i rifiuti di lei. Il giudice di Venezia, tuttavia, ha esaminato con attenzione tutto il materiale raccolto durante le indagini, avvalendosi anche della consulenza di una psicologa. Molti dei messaggi inviati dalla ragazzina esprimevano chiaramente il desiderio di lei di portare avanti quella relazione. La giovane inviava all'uomo delle foto intime, e scriveva messaggi del tipo: "Tu sei mio". A parere del giudice, il comportamento della minorenne sarebbe cambiato solo dopo la scoperta della relazione da parte dei genitori. A quel punto sarebbe arrivata la denuncia per violenza sessuale.
Dal momento che non è stato possibile dimostrare oltre ogni ragionevole dubbio la costrizione nei rapporti sessuali, l'uomo, oggi 57enne, è stato assolto perché il fatto non sussiste. Dal momento che per legge italiana l'età del consenso è 14 anni, la minorenne aveva accettato i rapporti.
Il 57enne, dunque, ha evitato una pena pari a 8 anni di reclusione.
Tanto aveva richiesto il pm Giovanni Zorzi, facendo leva sull'aggravante della giovane età della ragazzina ai tempi della relazione. Per il pubblico ministero, infatti, nella minore era stato"ingenerato un senso di oppressione e di obbligo ad assecondarlo tale da indurla ad avere incontri ogni 15 giorni".