Cronaca giudiziaria

Torino, per 20 anni botte e soprusi a moglie e figli: non farà un giorno di carcere

Il 56enne originario dello Sri Lanka è stato condannato per maltrattamenti nei confronti della famiglia. Il Tribunale di Torino lo ha condannato a tre anni che sconterà facendo lavori socialmente utili

Torino, per 20 anni botte e soprusi a moglie e figli: non farà un giorno di carcere

Per ben 24 anni "dal 1994 fino al 19 novembre del 2018" un 56enne originario dello Sri Lanka ha maltrattato moglie e figli con botte, soprusi fisici e psicologici. Rinviato a giudizio con l'accusa di maltrattamenti in famiglia, l'imputato è stato condannato dal Tribunale di Torino a tre anni di reclusione. Se non fosse che, come previsto dalla Riforma Cartabia, ha accettato di sostituire la misura detentiva con i lavori socialmente utili. In sintesi: non farà un solo giorno di carcere. "Leggerò le motivazioni", il commento alla sentenza al quotidiano La Stampa dell'avvocato di parte civile Andrea Cagliero.

Le violenze sulla moglie

Stando alla ricostruzione dell'accusa, le violenze sarebbero cominciate nel lontano 1994, subito dopo il matrimonio combinato in Sri Lanka (poi la coppia si era trasferita in Italia). Schiaffi, pugni e calci sul corpo: lui picchiava la moglie anche il bastone. Pretendeva rispetto e voleva il controllo totale sulla coniuge: "Non mi lasciava uscire se non per andare a lavorare nel suo negozio, una piccola vendita di bigiotteria in città", ha raccontato la donna agli inquirenti. Non solo: amministrava anche il budget familiare da destinare alla spesa. Chiaramente, di spese extra neanche a parlarne. "Mi lasciava 15 euro al giorno per fare la spesa per tutta la famiglia. - la versione della vittima - Venticinque euro al massimo e dovevo rendicontare ogni cosa". "Dipendeva completamente da lui - ha sottolineato l'avvocato Cagliero - Anche dal punto di vista economico".

Le botte ai figli

Dalle carte dell'inchiesta emerge non solo il ritratto di un marito violento e irascibile, ma anche quello di un "padre-padrone". In più di una occasione, il 56enne avrebbe malmenato il figlio con una cintura o una canna di plastica. Il 24 dicembre del 2010 - uno dei tanti episodi finiti agli atti del tribunale di Torino - avrebbe colpito il ragazzo, al tempo 13enne, con una scopa in testa. Poi gli avrebbe bruciato una mano con la lama arroventata di un coltello da cucina. Non meno gravi sarebbero stati i maltrattamenti nei confronti della figlia femmina: "Tu non vali nulla. - le avrebbe detto - Mi fai schifo, sei brutta e inutile". Non solo: "Le faceva assistere ai maltrattamenti nei confronti della madre", scrivono gli inquirenti.

La denuncia

Una escalation di violenza culminata il 19 novembre 2018, quando i due fratelli hanno deciso di denunciare il padre. Quel giorno, la ragazza si era attardata. L'uomo, non vedendola rientrare, era andato su tutte le furie. Preoccupata di un'eventuale reazione del marito, la madre aveva allertato il figlio maschio: "Tuo papà sta cercando tua sorella, è molto arrabbiato. Arrivate in fretta". Il 56enne li attendeva con la cintura tra le mani, pronta all'uso. A quel punto, il giovane aveva deciso di fronteggiare il genitore. Sul posto erano poi arrivati i carabinieri.

L'imputato, successivamente rinviato a giudizio con l'accusa di maltrattamenti, aveva respinto ogni addebito spacciando per vittima di una congiuria familiare.

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