Cronaca giudiziaria

Famiglia "mafiosa", la pala, l'anelito di vita: Saman e il crimine "senza pietà”

Stamattina c'è la requisitoria per l'omicidio di Saman Abbas. Il procuratore mette in campo il caso e l'ipotesi accusatoria a 360 gradi

Famiglia "mafiosa", la pala, l'anelito di vita": Saman e il crimine "senza pietà”
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Le ultime battute, qualche settimana ancora e ci sarà la sentenza. E Saman Abbas potrà avere la giustizia che merita, in un processo che probabilmente farà la storia della giurisprudenza italiana. È il giorno della requisitoria nell’aula della corte d’assise di Reggio Emilia e si traggono somme e sottrazioni tra prove, perizie, testimonianze. Questi lunghi mesi di un processo molto atteso iniziato lo scorso febbraio stabiliranno le responsabilità.

La richiesta di Shabbar

Prima della requisitoria il padre di Saman, Shabbar Abbas, ha chiesto di rendere dichiarazioni spontanee: la presidente dell’assise Cristina Beretti ha rifiutato la richiesta, spiegando che potrà farlo solo alla fine della requisitoria, come da precedenti pronunce di giurisprudenza sul tema. Shabbar è uno dei cinque imputati, insieme alla moglie Nazia Shaheen ancora latitante, il fratello Danish Hasnain, i nipoti Ikram Ijaz e Nomanoulaq Nomanoulaq. Sono accusati di sequestro di persona, omicidio e occultamento di cadavere, per i fatti avvenuti nella notte successiva al 30 aprile 2021 che hanno portato alla morte della 18enne Saman.

“Nessuna pietà”

Shabbar Abbas
Un primo piano di Shabbar Abbas, padre di Saman

Successivamente è partita la requisitoria del procuratore Calogero Gaetano Paci, che è stato lapidario fin dall’inizio: “Il più atroce, malvagio e aberrante dei delitti che si possa concepire, quello commesso dai genitori in danno della figlia e con la collaborazione dello zio e dei cugini. Nessuno dei protagonisti di questo processo, a cominciare dal padre, ha voluto degnare questa ragazza di una espressione di pietà, se non strumentale o capziosa. Nessuno ha avuto un cedimento a un sentimento di umana pietà verso l’orrore, lo strazio che è stato compiuto a questa ragazza” ha detto Paci, supportando l’ipotesi accusatoria. Per poi proseguire rincarando sulla necessità di una sentenza “che abbia un senso restitutorio dell’oltraggio alla vita che è stato compiuto con questo barbaro e brutale omicidio”.

Le prove e la pala

Paci ha specificato inoltre che non esiste “una prova regina ma una molteplicità di elementi di prova”. Per esempio “l’attribuibilità della pala con cui è stata scavata la fossa dove è stata trovata Saman già mette la firma all’omicidio”. La pala, identificata grazie alla perizia di Dominic Salsarola, è stata infatti ritrovata in casa di uno degli imputati. C’è poi lo scavo in cui era stato occultato il corpo di Saman: “Non si è trattato di uno scavo improvvisato, ma ha tenuto conto delle dimensioni di chi doveva ospitare. La fossa era stata originariamente predisposta e preparata e quando il corpo era pronto per essere depositato ci si è accorti che doveva essere allargato”.

Saman come un’eroina di mafia

Paci ha inoltre rivolto delle parole per Saman, per la sua figura, quella di una giovane che si è ribellata ai dettami della famiglia per poter vivere la vita che desiderava, studiando, lavorando, sposando chi amava: “Saman in fondo esprime una contraddizione eterna dell'individuo, tra libertà e desiderio di vita e repressione, autoritarismo, soffocamento di ogni desiderio di autonomia. Nel momento in cui scappò e andò in Belgio e poi finì in comunità, le assistenti sociali delineano il suo enorme anelito di vita e evidenziano quella che era e rimarrà la grande contraddizione in cui questo anelito di vita si inseriva. Il contrasto con il sistema valoriale della famiglia di appartenenza: perdita di dignità, disonore, trasgressione, repressione”.

A questo proposito Paci ha paragonato Saman alle donne che si sono opposte ai sistemi famigliari mafiosi, come Rosalia Pipitone di Palermo, Francesca Bellocco di Rosarno o Maria Concetta Cacciola, ribadendo ancora una volta l’ipotesi accusatoria: "Gli assassini vanno cercati nella famiglia, non abbiamo bisogno di andare fuori”. Secondo l’accusa infatti, Saman sarebbe stata uccisa per essersi opposta al matrimonio forzato con un cugino più vecchio.

La figura di Nazia

Saman con il fratellino e la madre Nazia
Screen "Chi l'ha visto?"

Il procuratore ha voluto sottolineare il ruolo della madre Nazia in base a ciò che si vede dalle telecamere di sorveglianza dell’azienda agricola di Novellara in cui gli Abbas vivevano e laboravano. “Nel momento in cui il padre e la madre di Saman escono da casa con la ragazza, per l'ultima volta insieme, la madre ferma l'azione del padre - ha spiegato Paci - e si porta lei da sola davanti alla strada ghiaiata, tenendo il padre fuori dal fuoco del telecamere. Ferma il marito e va da sola con la figlia, con una impassibilità, una freddezza, una glacialità, una lucida malvagità che non ha eguali”.

Il fratellino di Saman

Non manca un accenno al ruolo del fratello, il primo a puntare il dito contro i famigliari, un neomaggiorenne che proprio nei giorni scorsi ha voluto prestare la sua testimonianza. Parte dell’opinione pubblica è stata in questi anni orientata a ritenere il giovanissimo parte del sistema. “Per noi il fratello di Saman è una vittima dello stesso sistema. Anche lui è vittima di una situazione familiare oppressiva e autoritaria, totalmente schiacciato nella sua sua libertà di determinazione” ha stabilito Paci.

È stato sottolineato da Paci il percorso di consapevolezza del fratello di Saman, sebbene le difese degli imputati si siano orientate all’ipotesi che il ragazzino potrebbe essere stato suggestionato: “Nel corso del dibattimento, la sua deposizione è servita a mettere in evidenza il ruolo della madre che dice che era rimasta a guardare, come risulta anche dalle telecamere.

È stato suggestionato dal video girato sul web? Tutto il mondo ha visto quelle immagini, non si capisce perché non poteva vederle anche lui”.

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