«Ho sbagliato a mettere in galera un innocente ma lo rifarei». Nel dibattito sulla riforma della giustizia, la separazione delle carriere e gli errori giudiziari, fa discutere l’intervento dell’ex Pg della Cassazione Cuno Tarfusser nello speciale di Crimen «Mostri» in edicola in questi giorni. Il magistrato, diventato famoso più per essersi convinto dell’innocenza di Olindo Romano e Rosa Bazzi nella strage di Erba che per aver fatto diventare un modello la Procura di Bolzano che diresse prima di andare alla Corte penale internazionale, ha ricostruito ciò che accadde nel caso di Ferdinand Gamper, il serial killer di Merano a quasi 30 anni di distanza.
L’8 febbraio vennero uccisi il banchiere tedesco Hans Otto Detmering e Clorinda Cecchetti, il 14 toccò a Umberto Marchioro. Animato dall’odio contro gli italiani e una patologia mentale, il 27 febbraio Gamper uccise con un colpo di fucile calibro 22 anche Paolo Vecchiolini, il primo marzo finì il suo vicino di casa Tullio Melchiori e poi il maresciallo dei carabinieri Guerrino Botte che voleva interrogarlo, poi diede fuoco al suo maso e si sparò. Per quel delitto Tarfusser chiese e ottenne l’arresto di Luca Nobile, prima di andare in vacanza nel Mar Rosso. Fu durante le ferie - organizzate molti mesi prima - che Gumper uccise ancora e che il magistrato scoprì di aver arrestato l’uomo sbagliato. E in una conferenza stampa improvvisata al suo ritorno in Italia ammise l’errore.
A incastrare Nobile furono sostanzialmente le sue auto dichiarazioni. Disse di conoscere una delle vittime e di essere presente poco prima dell’omicidio nella scena del delitto, ma la sua ricostruzione piena di punti oscuri insospettì tutti gli inquirenti (non solo Tarfusser). Una donna che lo conosceva disse che aveva un’arma con se e che aveva problemi di droga.
«Nobile si presenta alla polizia la sera di martedì 13 febbraio accreditandosi come testimone oculare del duplice delitto sulle passeggiate avvenuto ben cinque giorni prima. Giustifica questo ritardo con il fatto di avere letto sui giornali locali di un teste oculare che si sarebbe presentato agli inquirenti ed egli temeva che quel teste lo avesse indicato quale omicida. In relazione all’omicidio dell’agricoltore - sottolinea Tarfusser - era emerso che Nobile alloggiava in una tenda che aveva montato in un campo dello stesso agricoltore e che la sera del delitto, di ritorno da Padova, dove si era recato per l’identikit, era sceso dalla macchina della polizia all’altezza del maso agricolo che di lì a poco sarebbe diventato teatro dell’omicidio. Ha dichiarato che era sua intenzione andare da sua madre che abitava dall’altra parte della strada statale rispetto al maso agricolo, ma non avendo trovato nessuno a casa e non avendo le chiavi, si era messo a camminare “a vanvera”».
«Perché il pm possa chiedere e il giudice emettere un mandato di arresto, è necessario che sussistano alcuni presupposti che noi chiamiamo sostanziali e processuali. Il presupposto sostanziale è quello dei “gravi indizi di colpevolezza” - scrive il magistrato a riposo - che indicano con alto grado di verosimiglianza nella persona indagata il responsabile di un delitto (...) e almeno uno dei tre presupposti cosiddetti processuali: il pericolo di fuga, di reiterazione del reato e di inquinamento delle prove. Ebbene - è la ricostruzione di Tarfusser - il 22 febbraio, tornato da Merano, in ufficio ho discusso con il collega gli elementi sin qui acquisiti a carico di Luca Nobile. Siamo giunti alla conclusione che questi elementi avevano ampiamente raggiunto e superato il limite dei “gravi indizi di colpevolezza” e che il “pericolo di reiterazione del reato” era insito nella sequenza di tre omicidi in sei giorni commessi con la stessa arma, mai rinvenuta, e il rischio che l’omicida, se non fermato, potesse commetterne altri».
«La sua testimonianza - scrive Tarfusser - è apparsa del tutto inverosimile e non ha retto, né alla ricostruzione fatta in un accurato sopralluogo, né a un successivo esperimento giudiziale svolto alla presenza dello stesso Nobile. Inoltre, la dinamica dei fatti da lui descritta era incompatibile con le risultanze oggettive emerse dagli esami medico-legali. Un teste che stava facendo jogging sulle passeggiate ha dichiarato di avere incrociato Nobile per ben due volte in un orario compatibile con gli omicidi a distanza di diverse decine di metri dal luogo in cui sono stati commessi. Dell’omicida che dichiara avere visto per pochi secondi, per lo più da dietro, a notevole distanza e in una situazione di scarsa illuminazione, ha dato una descrizione tanto dettagliata che ci aveva determinato a far eseguire un identikit che si era rivelato falso e fuorviante delle indagini».
L’arresto di un innocente fu un errore che Tarfusser ha ammesso sin dall’inizio. «Con le conoscenze di allora, lo chiederei altre mille volte. Ad avere aperto le porte del carcere sono state le sue stesse ambiguità, inverosimiglianze, contraddizioni e falsità». Per quell’innocente dietro le sbarre Tarfusser è passato «in pochi giorni da salvatore della patria a bersaglio da abbattere senza pietà» e si è ritrovato solo, lui che è fuori dalle correnti e che è stato sanzionato dal Csm per il caso Erba anche per questo.
«Le aperture delle pratiche “a tutela” al Csm e le manifestazioni di solidarietà dell’Anm sono riservate ai magistrati che fanno parte di quel rigido sistema di potere “correntocratico” di cui – lo dico con grande orgoglio, aggiunge Tarfusser – non ho mai fatto parte». Un potere che la riforma della giustizia con il sorteggio al Csm potrebbe magicamente spezzare.