Cronaca giudiziaria

Br, no della Francia all'estradizione: familiari di una vittima fanno ricorso alla Cedu

La famiglia del poliziotto Michele Granato, freddato dalle Br nel 1979, ora si rivolgono alla Corte europea dei diritti dell'uomo per ottere l'estradizione dei responsabili

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La morte di Michele Granato, poliziotto ucciso il 9 novembre del 1979 da un commando armato delle Brigate Rosse, chiede ancora giustizia. Lo scorso 28 marzo, la Corte di Cassazione francese ha respinto in via definitiva il ricorso per l'estradizione presentata dallo Stato italiano nei confronti dei 10 terroristi italiani, riparati e impuniti in Francia grazie alla dottrina Mitterand. Proprio per vedere finalmente puniti gli assassini di Michele Granato, i suoi familiari hanno presentato ricorso presso la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo. L'operazione è stata affidata alle mani dell'avvocato Valter Biscotti, che esporrà l'iniziativa mercoledì 13 settembre alle 11 presso la sede dell'associazione della Stampa Estera.

Granato aveva 24 anni quando venne freddato dai sicari rossi. Era un agente di uno dei nuclei di Polizia giudiziaria che in quegli anni erano impegnati nel contrasto del terrorismo. Come tanti suoi colleghi, operava in borghese sul territorio, lavorava in quelle zone di Roma note per essere frequentate dagli eversori rossi e dai simpatizzanti della sinistra extraparlamentare. Un lavoro a rischio, in quegli anni pericoloso, che accettò per dovere di giustizia e amore per quella divisa. Il suo fu il primo di una serie di omicidi che in un mese esatto videro cadere altri due servitori dello Stato: il maresciallo Domenico Taverna e il maresciallo Mariano Romiti. Tutti questi omicidi furono a opera delle Brigate rosse.

Quando il vento della rivolta smise di soffiare perché soffocato dalla forza dello Stato, molti degli eversivi trovarono riparo in Francia, dove nel 1985 venne introdotta dal presidente socialista François Mitterrand la "dottrina" che prende il suo nome. Si incardinava in un concetto semplice, ossia non concedere per alcun motivo l'estradizione per chi venisse ritenuto colpevole di "atti di natura violenta ma d'ispirazione politica", a meno che questi non fossero diretti a colpire anche lo Stato francese. Quasi una dottrina ad hoc per i brigatisti e i simpatizzanti tali che in quegli anni si rifugiarono in Francia. Quindi, assicurava agli italiani che si dichiaravano lontani da quel passato reazionario piena protezione Oltralpe.

Ed è basandosi su questo principio che la Corte di Cassazione francese ha impedito all'Italia di avviare un regolare processo per punire i responsabili di quella stagione del terrore nel nostro Paese. Ma i familiari di quelle vittime giustamente non si vogliono arrendere e continuano a chiedere giustizia e verità e, soprattutto, a chiedere che chi si è reso responsabile di simili reati venga punito.

Perché nessuno può capire cosa si prova nel sapere che mentre il proprio caro è stato ucciso ad appena 24 anni, i suoi assassini vivono una vita normale da quasi 50 anni in un altro Paese.

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