I due inquisiti si danno del tu, come ai bei tempi di Equalize: quando nei grandi uffici a due passi dal Duomo passavano politici, imprenditori, agenti segreti, tutti in ottimi rapporti con la fabbrica di dossier. Enrico Pazzali era il padrone. Samuele Calamucci l'operativo, agli ordini diretti di Carmine Gallo, morto agli arresti domiciliari. Oggi Pazzali e Calamucci sono su fronti opposte, ad accusarsi a vicenda. E il verbale del confronto tra i due, avvenuto il 28 ottobre nella caserma dei Ros lo racconta bene. A partire dalla prima domanda, quella cruciale fatta dai pm Francesco De Tommasi e Antonello Ardituro: Pazzali sapeva o non sapeva dei metodi illegali di Gallo e Calamucci? L'hacker dice di sì, Pazzali nega. Chi ha ragione?
Dice Pazzali: «Confermo che non sapevo che i miei dipendenti estrapolassero dati illeciti da Sdi (il database segreto della polizia) e banche dati similari. Sono stato ingannato da Gallo e da te. Preciso che tu hai detto molte bugie sul mio conto nei tuoi interrogatori». A sostegno, cita una intercettazione in cui Calamucci dice che non bisognava fargli sapere dell'utilizzo dello Sdi per un report. Ribatte Calamucci: «Quello che in realtà non volevamo farti sapere era la facilità e velocità con cui noi avevamo accesso allo Sdi, tuttavia tu sapevi benissimo che noi utilizzavamo lo Sdi illecitamente».
Il confronto-scontro dura sette ore filate. A volte Pazzali deve prendere atto che le sue spiegazioni sono inverosimili, come quando ammette di avere chiesto di localizzare il telefono dell'ex di sua figlia «perchè la perseguitava». I pm chiedono a Pazzali se secondo lui è lecito localizzare un cellulare. Risposta: «pensavo fosse lecito, pensavo fosse fattibile mediante fonti aperte anche se a voi sembrerà strano». Per il resto, un muro contro muro. Come quando Calamucci racconta di 25mila euro incassati in nero, avvolti in una cravatta di Marinella e spartiti nell'ufficio di Pazzali. «Pazzali ha messo i soldi ricevuti in uno zaino nero». «Non usavo lo zaino o almeno non lo tenevo in ufficio», ribatte Pazzali. E comunque «io non mi sarei compromesso per cifre così basse».
Calamucci insiste sulla sua versione, mette a verbale l'elenco delle società per cui Equalize faceva solo attività illegali: «Dentons, Brt, Erg, Eni, Number One e Heineken». Replica Pazzali: «Non ho nulla da dichiarare perchè non so quali attività svolgesse Calamucci per tali società». Un dossier sul quale l'ex presidente della Fiera sembra invece bene informato è quello su Massimo Ferrari, manager di Webuild, il colosso delle costruzioni: «Dovevo incontrarlo per la ristrutturazione di San Siro. Ho chiesto a Gallo un report prima di incontrarlo, a me interessava che tali soggetti non avessero problemi reputazionali. E' stato Cristian Malangone del Comune di Milano a darmi il contatto di Massimo Ferrari».
Come venne realizzato il dossier? Calamucci: «Erano solo informazioni illegali prese da Sdi, c'era anche un addendum con indagine in corso a carico di Ferrari». Pazzali: «ho ricevuto il report e l'addendum, credevo che venissero da fonte aperta».