Arrestata "Bibi", l'ostetrica "senza filtri" che convinceva le donne al parto in casa: accusata di omicidio colposo

La notizia, rilanciata in Italia dalla scrittrice Francesca Bubba, riaccende il dibattito sui pericoli della disinformazione sanitaria e dell'affidarsi a figure alternative prive di controllo scientifico

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È stata arrestata in Australia con l'accusa di omicidio colposo e lesioni gravi per negligenza Oyebola Coxon - vero nome di Enrica Kupe - conosciuta online come Bibi o l'ostetrica senza filtri”. Il caso ha già acceso un forte dibattito, in Italia e all’estero, sulle conseguenze della medicina alternativa promossa sui social, in particolare quando si tratta della salute di madri e neonati.

Originaria di Mantova, laureata con lode all’Università di Parma e con una tesi sulla gravidanza gemellare, Coxon da anni viveva in Australia, dove operava come ostetrica. Il suo personaggio pubblico era diventato noto soprattutto grazie a TikTok e Instagram, dove vantava una vasta community di mamme e operatori sanitari, attirata dai suoi contenuti anticonvenzionali. Era anche fondatrice della piattaforma Mamma Informata Academy, un portale che offriva corsi e consulenze digitali a gestanti italiane, spesso in aperto contrasto con le linee guida mediche ufficiali.

L'arresto

Il 14 agosto 2025, l’ostetrica è stata arrestata in Australia, quasi un anno dopo un tragico parto in casa avvenuto il 2 ottobre 2024 a Wallsend, sobborgo di Newcastle. Secondo quanto riportato dalla rete australiana 7News, Coxon avrebbe seguito una donna in travaglio per due giorni senza riconoscere o gestire i segnali evidenti di complicazioni. Solo dopo insistenti richieste, la partoriente, ormai allo stremo, si è recata autonomamente in ospedale, dove è stato eseguito un cesareo d’urgenza. La madre si è salvata, ma il neonato è nato morto.

A rilanciare la notizia in Italia è stata la giornalista Francesca Bubba, da tempo impegnata nel denunciare le pratiche pericolose di alcune figure della cosiddetta “genitorialità alternativa”. Già autrice di una lunga inchiesta sul fenomeno delle “guru della maternità” pubblicata su The Post, Bubba aveva dedicato un intero capitolo proprio all’attività controversa di Bibi Coxon. Nella sua newsletter, ha raccontato la rabbia e il dolore nel sapere che le numerose denunce e segnalazioni cadute nel vuoto non sono bastate ad evitare una tragedia. “Non è solo la fine di una vita. È il sintomo di un contagio più grande: quello della fiducia cieca nei guru, nella medicina fai-da-te, nella negazione delle competenze,” scrive Bubba. “Quella morte è il punto più oscuro di una storia che stiamo ancora scrivendo”.

Negazionismo sanitario e comunicazione social

La figura di Bibi Coxon rappresenta l’estremizzazione di una tendenza sempre più diffusa: la sfiducia nelle istituzioni mediche, sostituita da influencer e consulenti alternativi che raccolgono follower offrendo soluzioni “naturali”, spesso prive di basi scientifiche. Sui suoi canali, l’ostetrica ha sostenuto, tra le altre cose, che: le ecografie in gravidanza sarebbero inutili; il diabete gestazionale non esisterebbe; non sia necessario portare i neonati dal pediatra; si possa partorire in casa anche giorni dopo la rottura delle acque; il cesareo per feti podalici sia una forzatura della medicina convenzionale.

In un video, aveva persino ironizzato sull’allarme toxoplasmosi, invitando le donne in gravidanza a mangiare prosciutto crudo. Post come questi hanno raccolto centinaia di commenti entusiasti da parte di utenti grate, convinte di essere state “liberate” da regole opprimenti. In realtà, le pratiche consigliate da Coxon violano numerose norme del sistema sanitario e rappresentano un rischio concreto per la salute delle madri e dei loro figli.

L’indagine e il processo

L’arresto arriva a quasi un anno dai fatti, ma le indagini erano in corso da mesi. Il caso sarà esaminato dalla Corte di Newcastle il prossimo 15 ottobre 2025. Coxon dovrà rispondere di omicidio colposo e lesioni gravi per negligenza. Le autorità australiane non hanno ancora rilasciato dichiarazioni ufficiali sul procedimento, ma il caso ha già fatto scalpore a livello internazionale. In Italia, la notizia ha aperto un dibattito acceso non solo sulla responsabilità individuale, ma anche su quella collettiva. Per molti, Coxon è il volto di una deriva pericolosa: la medicalizzazione “fai-da-te” e la disinformazione social che minano la fiducia nella medicina scientifica.

Una tragedia che riguarda tutti

La morte del neonato è l’elemento tragico e definitivo di una vicenda che pone interrogativi profondi: sul ruolo dei social nella formazione dell’opinione sanitaria, sulla mancanza di controlli per chi offre consulenze mediche non ufficiali, sull’urgenza di una sanità più umana ma anche più autorevole. “Non possiamo permettere che altre vite siano messe in pericolo da chi si presenta come guida, ma rifiuta regole, controlli, responsabilità” conclude Francesca Bubba. “Quel pianto mai nato ci ricorda che non si gioca con la vita”.

Il caso di Bibi non è solo una vicenda giudiziaria.

È un monito potente sul costo reale della disinformazione, e sull’urgenza di una riflessione collettiva: per restituire alla medicina il suo ruolo, e per proteggere chi è più fragile, i bambini, le madri, le famiglie.

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