Nepal nel caos. Lo stop ai social scatena la rabbia della Gen Z: assaltato il Parlamento

La mossa del governo nepalese di bloccare 26 social scatena la rivolta della Gen Z: assalto al Parlamento, 21 morti, 400 feriti e dimissioni del premier Oli. Sullo sfondo corruzione e nepotismo

Nepal nel caos. Lo stop ai social scatena la rabbia della Gen Z: assaltato il Parlamento
00:00 00:00

Il governo guidato dal partito comunista marxista-leninista del Nepal la settimana scorsa ha tentato di bloccare 26 piattaforme social - tra cui Instagram, X e Facebook - e la Gen Z ha dato fuoco al palazzo del Parlamento. Momenti di estrema tensioni nel paese che sono finiti con le dimissioni del primo ministro Khadga Prasad Sharma Oli.

Dopo che l'esecutivo di Kathmandu ha voluto far fuori alcuni social network perché "non regolarmente registrati presso il ministero" è arrivata una risposta da parte degli adolescenti e giovani adulti - nati tra il 1995 e il 2010 - che nessuno si aspettava e che hanno rivelato un risentimento più ampio, dove molte persone sono diventate sempre più arrabbiate con il governo per una serie di questioni, legate alla corruzione e alla frustrazione per il nepotismo nella politica del Paese.

Il disegno di legge presentato, infatti, prevedeva l'obbligo per le piattaforme digitali di registrarsi presso il ministero delle Comunicazioni e nominare un ufficio di collegamento o un referente nel Paese, nel quadro di un'operazione contro le fake news e le frodi online. Per cittadini e organizzazioni umanitarie per i diritti umani questo rappresenta una seria limitazione della libertà di espressione.



Momenti di tensione durante le manifestazioni, dove sono stati esposti cartelli contro le politiche del premier e del governo: “Stop alla corruzione e non ai social media”, "Rimuovete il divieto ai social media” e “Giovani contro la corruzione”, finiti in tragedia. Per gestire la situazione, gli agenti di polizia hanno dovuto disperdere la folla arrivando a utilizzare lacrimogeni, manganelli e pallottole di gomma contro i manifestanti. Il bilancio è di 21 morti e 400 feriti.

Le violenze non si sono fermate alle strade. Sono state colpite anche l'abitazione del ministro delle Comunicazioni Prithvi Subba Gurung, che è stata data alle fiamme dai manifestanti e le residenza del vicepremier Bishnu Paudel e del leader dell'opposizione Bahadur Deuba, bersagliate da lanci di pietre. Dulcis in fundo, è stato preso d'assalto il Congresso Nepalese - il parlamento nazionale - che è stato incendiato insieme a una sede del Partito Comunista. Nel mirino sono finite anche le residenze del ministro dell'Interno dimissionario Lekhak quella del presidente Ram Chandra Poudel.

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica