Morto l’astronauta Lovell. Lanciò l’Sos dall’Apollo 13

"Houston, abbiamo un problema". Se ne va a 97 anni il comandante della sfortunata missione Nasa del 1970

Morto l’astronauta Lovell. Lanciò l’Sos dall’Apollo 13
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«Houston, abbiamo un problema». La frase resa immortale dal film di Ron Howard, dove Tom Hanks la pronuncia nei panni dell’astronauta James Lovell, è diventata il simbolo di una delle missioni spaziali più drammatiche e al tempo stesso eroiche della storia.
Lovell, comandante dell’Apollo 13 e protagonista di quell’odissea che trasformò un fallimento annunciato in un trionfo dell’ingegneria e del sangue freddo, è morto a 97 anni nella sua casa di Lake Forest, Illinois. L’annuncio è arrivato ieri dalla Nasa. «Il carattere e il coraggio incrollabile di Jim hanno aiutato la nostra nazione a raggiungere la Luna e hanno trasformato una potenziale tragedia in un successo dal quale abbiamo imparato moltissimo», si legge nella comunicazione.
Lovell è stato uno dei volti più noti della corsa allo spazio. Volò quattro volte: Gemini 7, Gemini 12, Apollo 8 e Apollo 13. Nel dicembre 1968, insieme a Frank Borman e William Anders, fu il primo a lasciare l’orbita terrestre e a volare intorno alla Luna con Apollo 8. Non atterrò, ma regalò agli Stati Uniti un vantaggio cruciale sui sovietici. Da quell’impresa arrivò anche la storica foto della Terra vista dallo spazio, che fece il giro del mondo.
Il momento più difficile arrivò nell’aprile 1970. Apollo 13, diretto verso la Luna, subì l’esplosione di un serbatoio d’ossigeno a oltre 300mila chilometri da casa. Lovell, insieme a Fred Haise e Jack Swigert, si ritrovò in una navicella danneggiata, costretto a rifugiarsi nel modulo lunare trasformato in scialuppa di salvataggio. Quattro giorni di freddo, umidità, risorse razionate e manovre disperate per rientrare. «In un certo senso fu un grande successo – disse nel 1994 – non perché realizzammo la missione, ma perché dimostrammo la capacità del personale Nasa di reagire».
Capitano di Marina in pensione, Lovell affrontò la crisi con calma leggendaria. «Non mi preoccupo più delle crisi – raccontò nel 1999 – ogni volta che ne ho una, penso: potevo morire nel 1970, e invece sono ancora qui». La sua frase «Houston, abbiamo un problema» è una versione cinematografica di un più realistico «Houston, abbiamo avuto un problema», ma divenne ugualmente emblema di sangue freddo e lucidità.
Con Apollo 8 e Apollo 13 Lovell entrò nella leggenda. Fino alla metà degli anni ’70 detenne il record di permanenza nello spazio, oltre 715 ore.
Avrebbe potuto camminare sulla Luna, ma non lo rimpiangeva del tutto. «Trionfammo su una catastrofe certa e questo mi dà soddisfazione profonda», dichiarò.
Nato a Cleveland nel 1928, cresciuto nel Wisconsin, si formò all’Accademia Navale di Annapolis. Entrò nel programma astronauti nel 1962, ultimo superstite del gruppo «Next Nine», e si ritirò nel 1973. Nel 1994 pubblicò con Jeff Kluger Lost Moon, base per il film di Howard, dove appare in un cameo come capitano di Marina. Per anni gestì con la famiglia il ristorante «Lovell’s of Lake Forest».
Nel 1995 ricevette dal presidente Bill Clinton la Congressional Space Medal of Honor.
«Forse hai perso la Luna – disse Clinton – ma hai guadagnato il rispetto e la gratitudine del popolo americano». La moglie Marilynn, compagna di una vita, è scomparsa nel 2023. Lascia quattro figli. La famiglia lo ricorda come «un eroe, un ottimista incrollabile, capace di farci credere che l’impossibile fosse a portata di mano».
Con Tom Hanks nei panni del comandante Lovell Apollo 13 conquistò critica e pubblico, entrando nella lista dei 1000 migliori film di sempre del New York Times.

Lovell appare in un cameo come capitano della nave di recupero USS Iwo Jima, rifiutando l’idea di Howard di promuoverlo a contrammiraglio. «Mi sono ritirato come capitano e capitano sarò!». Un segno della sua fedeltà a un ideale di realismo e obiettività militari che il mondo del cinema, soprattutto quello di Hollywood, non avrebbero dovuto intacca

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