Sfondare la "catena di isole": ecco perché la Cina vuole riprendere Taiwan

Alla base della volontà della Cina di riannettere Taiwan troviamo ragioni storiche, economiche, politiche ma anche e soprattutto strategiche

Sfondare la "catena di isole": ecco perché la Cina vuole riprendere Taiwan
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La Cina continua a ripetere che “la riunificazione con Taiwan è inevitabile”. Ma per quale motivo Xi Jinping intende annettere l’isola alla Repubblica Popolare Cinese, superando l’attuale status quo che garantisce l’indipendenza de facto a Taipei? Ci sono ragioni storiche, economiche, politiche ma anche e soprattutto strategiche.

L’importanza geopolitica della riunificazione di Taiwan

Vale la pena accendere i riflettori sulla motivazione geopolitica. Già, perché in piena Guerra Fredda gli Stati Uniti ritenevano che il potenziale di un’alleanza tra l’allora Unione Sovietica e la Cina potesse essere limitato, o addirittura azzerato, attuando una catena contenitiva costituita da isole coincidenti con gli alleati locali di Washington nella regione indo-pacifica. Prese così forma, almeno idealmente, una tripla barriera di isole volta a limitare l’espansione marittima cinese e bloccare i movimenti della sua Marina.

La cosiddetta prima catena di isole inizia con le Isole Curili e termina tra il Borneo e la parte settentrionale delle Filippine. Nella versione più diffusa, la seconda catena di isole comprenderebbe le isole giapponesi di Ogasawara e Vulcano, oltre alle isole Marianne (fra cui l’isola di Guam, importante base militare Usa), che sono parte del territorio degli Stati Uniti. La terza catena, infine, inizia dalle Isole Aleutine e termina in Oceania, con un occhio di riguardo per le Isole Hawaii, anch’esse parte integrante del territorio degli Stati Uniti, nonché sedi di basi navali statunitensi.

Ebbene, per decenni queste catene hanno rappresentato tre solide barriere che hanno saputo soffocare i sogni di gloria della Cina. Riprendere Taiwan significherebbe per Xi sferrare un colpo al reticolato statunitense, ma anche avvicinarsi all’isola di Guam (storica base americana), alle Filippine e a Okinawa (anche queste, terre di basi americane). Senza più l’ostacolo taiwanese, inoltre, le navi della Marina cinese – in fase di rafforzamento – avrebbero il via libera per puntare verso il Pacifico.

Le ragioni della Cina

Nell’ottica di Xi la riunificazione di Taiwan consentirebbe all’attuale presidente cinese di diventare a tutti gli effetti il padre della Cina del XXI secolo, nonché l’unico leader politico d’oltre Muraglia ad aver riportato il Paese al suo massimo livello di splendore (neppure Mao Zedong è mai riuscito a realizzare una simile impresa).

Troviamo poi una dimensione storica. Pechino considera quella taiwanese una sua provincia perché – sostiene il Partito Comunista Cinese – prima dell’invasione giapponese e della guerra civile che ha travolto la Cina, l’isola è sempre stato un territorio cinese. Se oggi sussiste una situazione del genere – sostiene sempre la stessa narrazione – è soltanto a causa di ingerenze esterne. Le stesse che adesso impediscono la riunificazione.

C’è poi una ragione economica. Dallo Stretto di Taiwan transitano le esportazioni di Giappone e Corea del Sud, entrambi alleati americani.

Se la Cina riuscisse a riannettere Taiwan, dunque, il gigante asiatico danneggerebbe in un colpo solo la politica americana in Asia, creerebbe nuovi canali commerciali gestiti da Pechino e, infine, potrebbe espandere a dismisura la sua influenza nel proprio cortile di casa.

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