"Il bacino del Mediterraneo? Apripista del nuovo clima"

Il Cnr ha realizzato la mappa delle grandinate, crescono del 30%

"Il bacino del Mediterraneo? Apripista del nuovo clima"
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Chicchi di grandine grossi come una palla da rugby in Friuli: 19 centimetri. Il doppio di quelli caduti nel 2021 a Fidenza, di «appena» 8 centimetri. Come è possibile? Cosa sta cambiando lassù? Analizzare la grandine è fondamentale per capire cosa ci aspetta in futuro e come difenderci da quella mezz’ora da incubo in cui il cielo si oscura di colpo e veniamo bombardati da autentici proiettili di ghiaccio. Anche perchè il bacino del Mediterraneo è una delle aree più vulnerabili della Terra agli effetti del cambiamento climatico: si sta scaldando del 20% più velocemente rispetto alla media globale.
I ricercatori dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche di Bologna (Cnr-Isac), utilizzando i dati forniti dai satelliti, hanno analizzato le grandinate degli ultimi 20 anni sul Mediterraneo.
«Il riscaldamento del Mediterraneo - spiegano - provoca una variazione sulle precipitazioni, che aumentano per intensità e frequenza. Nonostante ci sia una grande variabilità tra un anno e l’altro, in tutta l’area si può notare un trend di aumento, pari al 30%, per quanto concerne le precipitazioni di grandine sia intense che estreme.
In particolare, nella nostra Penisola si è raggiunto il numero medio più alto di questo tipo di precipitazioni, che si concentrano maggiormente nel nord durante l’estate, mentre crescono nel centro-sud tra la fine dell’estate e l’autunno». Avere una «letteratura» della grandine ci servirà a prevenire. Così come dovremmo fare con alluvioni e frane: sono le mappe costruite anno dopo anni a raccontare come cambia il territorio, a dire quali sono (e dove) i nuovi rischi su cui lavorare. La stessa cosa sta avvenendo con la grandine. Tanto più se ce la dobbiamo aspettare all’interno di downburn che, abbiamo imparato, sono più pericolosi di un tornado e ben più violenti di un temporale. «Una mappa globale di grandine, che può essere prodotta ogni tre ore, fornisce un’informazione, finora inesistente, utile per poter studiare le grandinate su ogni area del pianeta, e in particolar modo in mare - spiega Sante Laviola, ricercatore - Se da punto di vista operativo le nostre mappe globali permettono di osservare le grandinate anche su aree del pianeta scoperte da sistemi di misura al suolo, da un punto di vista climatico renderebbero possibile replicare il nostro studio su altri hotspot climatici».


Per ora, quanto accaduto nei giorni scorsi ci ha dato una scossa sul cambiamento climatico: ha spaccato l’Italia in due, il Nord bersagliato dai nubifragi e il Sud minacciato dalle fiamme. E ci ha fatto capire che non possiamo essere impreparati sul tema. «È evidente una tropicalizzazione del clima» dice lo stesso ministro alla Protezione Civile Nello Musumeci.

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