Cronache

"Altro che programma di recupero, rimandate Kabobo in Ghana"

Parla Andrea Masini, il figlio di una delle vittime di Adam Kabobo: “Non merita di stare qui, né di stare nelle nostre carceri a carico dello Stato e dei contribuenti, gente simile andrebbe rimandata nelle patrie galere”

"Altro che programma di recupero, rimandate Kabobo in Ghana"

“A lui è stata data la possibilità di ricominciare, a mio padre e alla mia famiglia, invece, non può darla nessuno”. La vita di Andrea Masini, 40 anni, si è interrotta nel maggio 2013. È stata troncata di netto dai fendenti con cui Adam Kabobo ha ucciso suo padre Ermanno. Qualche giorno fa, Andrea, è venuto a sapere che l’omicida, attualmente recluso nel carcere milanese di Opera, è stato ammesso ad un programma di recupero. Lo scopre dai giornali, dai titoli roboanti che raccontato “la nuova vita di Kabobo”. Andrea legge, suda, piange. Il ghanese che ha seminato il terrore nel quartiere Niguarda di Milano, adesso, consegna pasti ai detenuti del 41 bis e studia l’italiano. Il figlio di Ermanno non ci sta: “Sarà pure un percorso comune a tutti i carcerati ma non è giusto – dice – che una persona che ha commesso 3 delitti così efferati possa beneficiare di un simile trattamento”.

C’è da considerare, poi, che Kabobo ha già ottenuto uno sconto di pena che, ad Andrea, non è ancora andato giù. Avrebbe dovuto essere condannato a 30 anni di carcere ma, grazie ai benefici del rito abbreviato, alla fine, ne sconterà solo 20 più 3 anni di casa di cura. “Lo sconto di pena è solo un modo per supplire alle inefficienze della giustizia italiana che per snellire le procedure finisce col fare delle regalie ai criminali”, spiega Masini junior, da anni impegnato con l’Osservatorio Nazionale Sostegno Vittime affinché l’accesso al rito abbreviato venga interdetto nei delitti più gravi.

Il figlio di Ermanno si è anche fatto due conti, e teme il peggio: “Già l’anno carcerario non è di 12 mesi ma di 9, poi ci sono gli sconti di pena e dopo il terzo anno subentrano ulteriori benefici”. Insomma, commenta Andrea con amarezza, “secondo me tra 11 anni Kabobo potrebbe tornare in libertà”. E se dovesse accadere “sarebbe un ulteriore schiaffo in faccia”. Non solo ai familiari delle vittime, “ma anche a tutti gli italiani”, perché la condotta di Kabobo nel nostro Paese non è macchiata solo dalla strage di Niguarda. “Ben prima di scagliarsi contro mio padre e le altre vittime – ripercorre Masini – Kabobo era finito in carcere per spaccio di stupefacenti ed aveva organizzato una rivolta nel centro di accoglienza di Foggia”. Andrea è tranchant: “Non merita di stare qui, né di stare nelle nostre carceri a carico dello Stato e dei contribuenti, gente simile andrebbe rimandata nelle patrie galere”. Allora sì che “sconterebbe la sua pena”.

Il figlio di Ermanno sa benissimo che tutto questo non gli restituirà suo padre, non cerca vendetta, solo giustizia. Dei 200mila euro di risarcimento (“che non valgono certo la vita di mio padre”) non ha ancora visto un centesimo. Sono soldi che avrebbe voluto impiegare per dare ossigeno alle battaglie dell’Osservatorio. Non solo quella per evitare che criminali come Kabobo ottengano la riduzione della pena. Quella proposta di legge, presentata dal deputato leghista Nicola Molteni, “è stata approvata dalla Camera a novembre dello scorso anno, doveva essere discussa in Senato ma poi è finita la legislatura”, spiega Masini. “Con l’Osservatorio – aggiunge – chiediamo anche che venga istituito un garante nazionale a tutela delle vittime, perché questa figura non esiste ma, al contrario, c’è un garante che tutela i detenuti”.

Ecco, conclude Andrea, “per quel che può valere, dopo questa chiacchierata, almeno, mi sono tolto qualche macigno dalle scarpe”.

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