Ieri il quotidiano La Repubblica ha pubblicato un interessante sondaggio sulla paura suscitata dagli immigrati negli italiani. In sintesi, il risultato: il 46 per cento si sente in pericolo, dato più alto degli ultimi dieci anni. La preoccupazione affligge chi ha superato i trent'anni, chi ha studiato poco, chi ha votato il centrodestra. Nel 2014, la percentuale di cittadini favorevoli allo ius soli era pari all'ottanta per cento. Nel febbraio 2017 la maggioranza era ancora schiacciante (70 per cento) ma in pochi mesi è crollata al 52. Il consenso è in picchiata.
La frenata negli sbarchi di quest'estate non è stata sufficiente a far cambiare idea a molti cittadini convinti che gli ingressi nel nostro Paese siano troppo numerosi e incontrollati. Gli ingressi, almeno nella percezione comune, sono legati alla criminalità (o al mantenimento dell'ordine pubblico) e alimentano il senso di insicurezza. Potrebbero essere ulteriormente incoraggiati, appunto, dallo ius soli.
Il garbato commento di Ilvo Diamanti a questi numeri lascia spazio a qualche riflessione. Secondo il sociologo, il Parlamento avrebbe rinviato ogni decisione per «paura delle paure» altrui, fatto che rivela la debolezza della politica italiana. Ma cosa dovrebbero fare gli onorevoli scettici? Procedere nonostante i dubbi ascrivibili all'incirca a metà della popolazione? Forse, per una volta, farebbe bene il Parlamento a tenere conto dell'opinione pubblica. Dal sondaggio, emergono divisioni paragonabili a quelle osservate in Gran Bretagna ai tempi della Brexit. Scarsa istruzione ed età tendenzialmente avanzata dalla parte dei «conservatori» che si sentono minacciati. Titolo di studio elevato ed età giovanile dalla parte dei «progressisti» per i quali l'immigrazione è sempre e comunque una risorsa.
Messa in altri termini: il popolo, la classe media, da una parte e certe élite dall'altra. Queste ultime soffrono, da tempo, di uno scollamento dalla realtà, studiato ad esempio da Christopher Lasch nella Rivolta delle élite (Neri Pozza). Le élite sono formate dai gruppi «che controllano il flusso del denaro e dell'informazione, che dirigono le fondazioni filantropiche e le istituzioni di studi superiori, che controllano gli strumenti della produzione culturale e definiscono quindi i termini del dibattito pubblico» (Lasch). Tali gruppi sostengono il multiculturalismo, risiedono nei quartieri centrali delle grandi città e sono inseriti nel mercato globale. Non sempre sono solidali con la comunità in cui vivono.
Si sentono cittadini del mondo, innanzi tutto. Purtroppo non hanno idea di cosa accade a tre fermate di metropolitana da casa loro. Per avere informazioni in merito meglio chiedere agli anziani con un basso titolo di studio. Forse la politica dovrebbe ascoltarli.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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