Negli Stati Uniti, che per diritti non sono certo un Paese del Terzo mondo, i giudici sono eletti dal popolo. Da noi il presidente dell'Associazione nazionale magistrati, al solo sentir parlare di referendum sulla giustizia, lancia un appello alla mobilitazione. Anzi peggio, se la scelta delle parole non è casuale, ad una «ferma reazione». Espressione talmente generica e minacciosa che può nascondere qualsiasi intento.
Ma ciò che colpisce è l'idiosincrasia nei confronti della volontà popolare che rende la nostra magistratura più simile ad una «casta» di intoccabili, che non ad un ordine dello Stato. Fatta salva l'autonomia, ci mancherebbe altro, il potere togato esige, infatti, che il legislatore scenda a patti nelle scelte che lo riguardano, spogliandosi delle proprie prerogative. Cosa che equivarrebbe, in ruoli opposti, ad un'eventuale pretesa del potere politico di trattare su qualsiasi sentenza che lo tiri in ballo. Due follie, la seconda solo teorica, mentre la prima, che ha dato vita alla presunzione dell'Anm di accampare un diritto di veto sulle decisioni del Parlamento, ha bloccato ogni riforma seria della giustizia: tanti discorsi ma un nulla di fatto in trent'anni, malgrado il nostro sistema si dimostri inefficiente e lento e spesso l'azione di alcuni magistrati (fortunatamente solo una minoranza) abbia mostrato limiti, ombre e una sorta di zona grigia nel rapporti con la politica.
Tutto questo ha logorato l'immagine della categoria, al punto da suscitare al suo interno il terrore per il referendum. La novità nell'uscita del presidente dell'Anm è proprio la paura verso il giudizio popolare. Eppure in questo Paese sono stati indetti referendum su tutto, anche sul sesso degli angeli, e in passato anche sui magistrati. Solo che è cambiata l'aria: gli dei sono caduti, un totem come Piercamillo Davigo è sotto inchiesta e due pm che hanno riempito le pagine della cronaca sono indagati a Milano. Per non parlare del verminaio portato alla luce dalle rivelazioni dell'ex pm Palamara. Risultato, sotto il patibolo mediatico-giudiziario non ci sono più folle acclamanti, visto che il popolo viola è scomparso, i grillini sono in via di estinzione e Di Maio si è convertito al garantismo.
Motivo per cui il presidente dell'Anm è allarmato per quei «sondaggi che danno in declino l'apprezzamento verso la magistratura». Così il paradosso è che ora sono proprio le toghe a confidare nell'intervento del legislatore per scongiurare la sentenza popolare. Un po' come i giacobini e i sanculotti quando arrivò il Termidoro.
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