Cambio di linea: Salvini sull'euro fa retromarcia

Cambio di linea: Salvini sull'euro fa retromarcia

Fedeltà all'atlantismo («senza se e senza ma»). Rassicurazioni sull'Europa («non voglio uscire»). Chiarezza sull'euro («assolutamente irreversibile»).

Matteo Salvini, alla vigilia del duello televisivo con Matteo Renzi a Porta a Porta previsto per questa sera, concede una intervista al Foglio e si racconta ad Annalisa Chirico, offrendo una immagine più moderata del solito. Il titolo del colloquio fotografa un «Salvini 2.0», lasciando intendere il consumarsi di una svolta più riformista che rivoluzionaria. Anche con un pizzico di autocritica rispetto alla sua politica di relazioni internazionali. «Non sono riuscito a eccellere in ogni cosa, non sono onnipotente, qualcosa mi è sfuggito. Mi sono accorto, per esempio, che mentre io ero molto scettico sul memorandum d'intesa con la Cina, qualcun altro se ne faceva promotore a mia insaputa. S'impara anche dai propri errori. Ma chi mette in dubbio il mio atlantismo merita uno sberleffo. L'Italia fa parte della Nato, e l'Alleanza atlantica è funzionale al nostro interesse nazionale. Dico soltanto che è utile anche coltivare buoni rapporti con la Russia».

Su Luigi Di Maio il giudizio è critico. «Di Maio ministro degli Esteri è fantascienza, quando l'ho letto, non ci credevo. Va bene tutto ma un minimo di umiltà nella vita ci vuole. Se l'avessero proposto a me, che pure non difetto di autostima, avrei detto: no, grazie. Per guidare la Farnesina servono competenze specifiche, devi saper maneggiare con disinvoltura la politica estera, la diplomazia, la geopolitica, le lingue straniere» (poi ospite di Radio Radio rilancia ancora: «Di Maio politicamente è finito»). Risposta secca, senatore: il suo modello di democrazia è Mosca o Washington? «La seconda, non ho dubbi. Premesso che non mi appassionano i modelli preconfezionati, è chiaro che la democrazia russa ha pochi anni alle spalle, quella americana qualche secolo».

Lei la farebbe una conferenza con la stampa estera per dire, una volta per tutte, che la Lega non vuole l'Italexit? «L'ho già detto cento volte ma se la fa sentire più tranquilla va bene, facciamola. La Lega non ha in testa l'uscita dell'Italia dall'euro o dall'Unione europea. Lo dico ancora meglio, così i giornalisti smetteranno di alimentare fantasie strane: l'euro è irreversibile. Ciò non significa che io abbia cambiato idea su com'è nata la moneta unica: male, per interesse di pochi». Giancarlo Giorgetti non esclude che la Lega possa entrare nel Ppe. «No, attenzione. Io e Giorgetti abbiamo buoni rapporti con alcuni movimenti che fanno parte dei popolari europei ma né io né Giorgetti né altri esponenti della Lega ci sogneremmo mai di entrare nell'attuale Ppe a trazione Merkel. Il Ppe sta governando l'Europa con i socialisti, io onestamente non ho niente a che fare con questi minestroni».

Infine rispondendo ad una domanda su Silvio Berlusconi e la sua partecipazione alla manifestazione del 19 ottobre, Salvini adotta un registro freddino e si mantiene sulle generali: «Più gente c'è meglio è. Io non sono mica per escludere nessuno. Sono uno inclusivo. Però si guarda avanti». Una risposta che provoca qualche malumore dentro Fi. «Spero che il quadrumvirato di Forza Italia abbia il coraggio di difendere 25 anni di storia liberale che non possono essere liquidati così» dice Mara Carfagna.

«Considerare Berlusconi alla stregua della claque è offensivo» aggiunge Osvaldo Napoli. «Berlusconi è stato il protagonista di un quarto di secolo della storia italiana, offendere lui significa offendere milioni di italiani».

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