Cronache

Parla Iovine, boss pentito: "Cultura della mazzette diffusa dallo Stato"

Il pentito racconta ai magistrati il sistema di corruzione messo in piedi dai clan: "Soldi a tutti. Il colore politico non faceva nessuna differenza"

Parla Iovine, boss pentito: "Cultura della mazzette diffusa dallo Stato"

Da qualche giorno Antonio Iovine, boss del clan dei Casalesi, ha deciso di collaborare con la giustizia, per ricostruire con i magistrati della Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Napoli il panorama delle attività e dei rapporti di forza all'interno di quella che è una delle più importanti famiglie della camorra.

"Sto spiegando un sistema in cui la camorra non è l'unica responsabile", ha detto Iovine, arrestato nel 2010, ai magistrati. Parole riportate nei verbali depositati in un processo in corso al tribunale di Santa Maria Capua Vetere, come anche la consapevolezza dei delitti di cui "mi sono macchiato".

Soldi alla politica

Il 7 giugno il pm Antonello Ardituro, che si sta occupando del processo, interrogherà Iovine, per cercare di chiarire i suoi rapporti con gli imprenditori. "C'erano soldi per tutti - ha detto il boss - in un sistema che era completamente corrotto". Anche per i sindaci.

Nessuna distinzione tra destra e sinistra: "Il sistema era ed è operante allo stesso modo". E i candidati al posto di primo cittadino "avevano l'interesse a favorire essi stessi e alcuni imprenditori in rapporto con il clan per avere dei vantaggi durante le campagne elettorali in termini di voti e finanziamenti".

Chiunque avesse vinto le elezioni amministrative "sarebbe entrato a far parte di questo sistema da noi gestito", spiega il boss, che giustifica così il suo personale disinteresse per il colore politico del vincitore, ma non esclude che altri nel clan potessero "avere passione per la politica".

"La cultura dei favori"

Da Iovine anche accuse allo Stato, che ritiene colpevole di avere diffuso "la cultura delle mazzette e delle bustarelle" e di essere stato "assente nell'offrire delle possibilità alternative e legali alla propria popolazione". Perché "anche la parte politica che dovrebbe rappresentare la parte buona dello Stato è stata quantomeno connivente" e comunque "consapevole di come andavano le cose".

Nelle casse dei Casalesi sarebbero finiti anche finanziamenti concessi dal ministero dell'Agricoltura nei primi anni Duemila per il rimboschimento nell'alto Casertano.

I soldi sarebbero stati concessi - ma su questo Iovine non è certo - quando il dicastero era guidato da Gianni Alemanno.

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