Sono decenni che i partiti democratici vogliono riformare la Costituzione legalmente, e questi qui l'hanno riscritta a loro immagine e somiglianza: nulla a che vedere con l'Italia come descritta dalla Carta fondamentale, nulla a che vedere con le regole, le gerarchie, i diritti, i doveri, nulla. Hanno fatto carne di porco della buona fede popolare. I due partiti, Lega e Cinque stelle, si sono presentati alle elezioni non come alternativi fra loro ma come nemici (...)
(...) reciprocamente assetati di sangue. Si sono vomitati addosso ogni genere di insulto, da rissa di osteria. Poi hanno generato insieme un professore e hanno detto che questo signore rappresenta l'Italia e gli italiani. Chi li ha votati credeva di votare contro la loro unione. Chi ha votato Salvini in due casi su cinque credeva di votare un Berlusconi impedito dalle trappole retroattive. E invece hanno messo insieme i loro opposti estremismi e hanno abusato della buona fede dell'elettore da anni è immerso nella svagatezza, nel culto del gioco di prestigi e della follia. Hanno barato. Ora infilano nella Costituzione i loro banchetti e piattaforme Rousseau, tutta mercanzia che non risulta all'appello repubblicano. Al colpaccio, avvenuto all'insaputa dei contraenti (gli elettori) hanno retto bordone i queruli piddini come Maurizio Martina che - sconfitti da se stessi per incapacità e responsabili dell'accaduto - anziché cospargersi di cenere per spiegare come hanno fatto a ridurre l'Italia alla paralisi nella fragilità, paura e sfiducia, si sono messi a starnazzare pretendendo che i due vincitori facessero un governo: un incitamento all'autodistruzione, purtroppo accolto. Non è un colpo di Stato, ma il golpetto da imbonitori di strada. Adesso strillano che il loro pateracchio è un governo politico con un premier politico votato da undici milioni di italiani. Sono balle, menzogne su menzogne, riscritture dei fatti e delle posizioni come se non esistesse più la memoria. Il presidente della Repubblica è il custode della Carta delle regole violate e sa bene che mai e poi mai undici milioni di italiani si sono sognati di mettere a Palazzo Chigi un accademico di cui si dubita che abbia davvero frequentato la New York university dove il suo nome non è pervenuto in segreteria. Intanto, un'orda di giornalisti ansiosi di mettersi sotto la coda dei futuri padroni si esalta nel dichiarare che l'illustre sconosciuto, votato a loro insaputa da undici milioni di italiani, ha la pochette nel taschino, il gilet, i gemelli, persino Padre Pio come guardaspalle. C'è già un branco di inverecondi adulatori nel migliore stile del Carattere degli italiani descritto da Giacomo Leopardi, della Colonna infame del Manzoni e del Pinocchio di Collodi.
Come presidente di una Commissione di inchiesta ho avuto qualche anno fa il privilegio di ascoltare a lungo l'attuale presidente della Repubblica e, benché non fossimo esattamente in sintonia, ho potuto apprezzare di quest'uomo la serietà prossima alla durezza, un senso dello Stato persino ruvido e la schiena dritta.
In lui confido perché il colpetto di Stato di Totò, Peppino e la malafemmina (contratti demenziali e sgrammaticati, scritti indossando il vestito della prima comunione) non vada in porto. Signor presidente, se passano questi con questo imbroglio, la Repubblica è morta. Non la «seconda» Repubblica. Ma proprio la Repubblica italiana.Paolo Guzzanti
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