Da libero cittadino ringhiava contro i giornalisti invadenti che lo tormentavano per la strada. Oggi, da arrestato, saluta con un sorriso i cronisti assiepati sotto la villetta di Rignano. Si toglie il berretto floscio di lana, dà un bacio alla moglie Lalla e grida un «ciaooo» tonante che fa simpatia. Da un paio di giorni Tiziano Renzi sta narrando le sue prigioni con un reality in diretta che tocca tutte le forme di comunicazione: post su Facebook, apparizione dal balcone, telefonate a destra e a manca, parenti e amici che si affannano a divulgarne il pensiero da recluso.
Il babbo maneggione dell'ex premier non sta commettendo reati e neppure inquinando le prove sotto gli occhi dell'opinione pubblica. Si limita a fare ciò che gli hanno consentito i magistrati che gli hanno inflitto i domiciliari: tutto. Di solito non funziona così. Un indagato ristretto in casa non può comunicare con il mondo, tanto meno ricevere visite. Sotto questo aspetto Tiziano gode di un trattamento senza precedenti: telefonate illimitate, incontri non stop, canale social aperto, le preghiere con il parroco.
Lo stesso tribunale di Firenze, se almeno l'inchiesta approderà in aula, saprà dirci se i genitori di Matteo Renzi sono due bancarottieri o piccoli imprenditori che hanno combinato pasticci di qualche entità. Ma intanto la vicenda non va trattata con umorismo, nonostante le gioviali gag dell'inquisito trascinato suo malgrado sotto i riflettori. Sembra quasi che gli stessi giudici abbiano voluto temprare in corso d'opera un provvedimento che anche l'ex leader Pd ha definito «sproporzionato». Ok, niente galera perché siete anziani e incensurati, ma per un po' non muovetevi da casa per non inquinare prove o concordare versioni di comodo con gli altri indagati. Dovrebbe funzionare così in un Paese maturo, dove la giustizia va amministrata con equità e senza secondi fini.
Invece siamo nell'Italia ipocrita che finge di punire e poi ti lascia campare, un sistema eternamente consociativo che prima ti tramortisce con un pugno e poi ti porge l'asciugamano con una pacca sulle spalle.
Quei due coniugi settantenni che salutano dal balcone non fanno pensare a due malavitosi avvezzi a crimini societari, ma a due bersagli di giornata con un figlio famoso, oggi inviso a certa magistratura che si è spostata dalla sinistra al giustizialismo grillino. Questi domiciliari laschi, trasformati in un siparietto di provincia, destano i sospetti di sempre. Intanto sputtaniamo loro e il ragazzo, e se non salta fuori altro basta così.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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