Migranti, il trafficante di uomini si difende: "Ero in Italia con visto regolare"

Bija, il trafficante libico presente all'interno del Cara di Mineo per una riunione nel maggio 2017, risponde alle accuse: "Io un patriota, a lavoro per la Libia ed in Italia ero con regolare visto". Ma lancia velate minacce ad una giornalista italiana

Migranti, il trafficante di uomini si difende: "Ero in Italia con visto regolare"

Il diretto interessato si è fatto vivo ed ha accettato, nei giorni scorsi, una conversazione con Nello Scavo, il giornalista di Avvenire che per primo ha rilanciato il caso che lo riguarda: il riferimento è a Bija, al secolo Abd al-Rahaman al-Milad, il trafficante di esseri umani che nel maggio 2017 ha partecipato ad una riunione al cara di Mineo.

Da quanto è trapelato dalla descrizione del collega di Avvenire, Bija si è mostrato con tutti quei lati caratteristici di un soggetto che alterna l’arroganza di un criminale alla presunzione di chi vuol dimostrare a tutti i costi di aver ragione.

Via chat, ha raccontato Nello Scavo, ha inviato ritagli di giornale di vecchie notizie di giugno, quasi a mostrare le sue attenzioni a tutto quello che viene scritto in Italia, così come riferimenti inquietanti e minacciosi ad una giornalista italiana accusata da Bija di aver scritto “bugie”. Con il classico fare di un comune capoclan, non ha nominato via chat la collega in questione, scrive Nello Scavo, ma ha inviato una foto e dettagli familiari che possono conoscere in pochi.

Una velata, fino ad un certo punto, minaccia alla collega che corrisponde al nome di Nancy Porsia: è stata lei tre anni fa a parlare per prima in Italia della pericolosità di Bija, del suo ruolo di boss di Zawiya, dei suoi affari sulla pelle di altri esseri umani.

E lui al giornalista di Avvenire vuol far sapere di “non aver dimenticato”, di aver letto in questi anni soltanto per l’appunto “bugie”. Alle domande più scomode Bija non ha voluto rispondere, si è limitato a definirsi un patriota che lavora per la patria e che a Mineo era presente per fermare il traffico di esseri umani.

Bija ne ha per tutti, anche per il governo italiano che nei giorni scorsi, nel tentativo anche di togliere imbarazzi vari, ha dichiarato che il trafficante era nel nostro territorio grazie a documenti falsi: “Sono stato offeso. Per venire da voi ho avuto un visto regolare, con documenti autentici. Dire che ho nascosto la mia identità è una menzogna”, ha risposto Bija a Nello Scavo.

Nelle altre dichiarazioni, ad emergere sono state anche ulteriori contraddizioni: il libico ha infatti affermato di “lavorare ancora per la patria”, servendo la Guardia Costiera di Zawiya, sua città natale.

Eppure, anche in questo caso per togliere altri imbarazzi, da Tripoli nei mesi passati hanno fatto sapere che la persona identificata come Bija, a seguito di indagini ed informazioni sulla sua caratura criminale diffuse dall’Onu, non è più in servizio.

Difficile dire dove stia in questo momento la verità. Intanto lui è comunque libero: libero di agire, libero di postare sui social gli articoli che lo riguardano come un trofeo, libero di inviare via chat velate minacce ad una collega italiana.

E nelle ultime indagini svolte dalla procura di Agrigento, che hanno portato al recente fermo di tre carcerieri dei migranti ospitati tra le loro

vittime a Messina, il nome Bija è emerso più volte ed in varie testimonianze. Segno che lui, nonostante si ostini a declassare ogni informazione sul suo conto come bugia, le spiagge della Tripolitania le frequenta ancora oggi.

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