Il caso Moro e la memoria ammutolita

Il caso Moro e la memoria ammutolita

Il caso Moro che si rievoca in questi giorni fu il primo mattone della grande menzogna. La menzogna è uno strumento con cui si disabilita la memoria reale per crearne una falsa innestata come un microchip nella mente degli italiani. I padroni della memoria sono una élite specializzata che usa corruzione, intimidazione e distrazione di massa per manipolare con il passato il presente e il futuro. I brigatisti che uccisero Moro erano di sicuro oscure carogne senza onore né coraggio come ricordava ieri Nicola Porro e io l'ho inutilmente provato quando ne ebbi le prove dal procuratore generale ungherese a Budapest nel 2005. Anche i delitti in cui furono uccisi il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sono storie totalmente diverse rispetto a quelle imposte attraverso la manipolazione televisiva. Diranno i lettori: ma se tu sai la verità, dilla. Già fatto. Purtroppo, se non fai parte della grancassa del vecchio e nuovo Pci puoi solo restare ammutolito. Nel thriller di Sydney Pollack del 1975 I tre giorni del Condor il buono (Robert Redford) che conosce la verità, viene raggiunto dal cattivo che gli chiede i documenti segreti. Redford indica il palazzo del New York Times e annuncia: «L'ho già dati a loro». Il cattivo sibila: «Imbecille! Nessuno ti crederà, sarai isolato e così morirai». Aveva ragione il cattivo.

Tutte le bocche che potevano raccontare i nostri «giorni del Condor» sono state ammutolite o sono morte. Intanto il serial killer prosegue nella sua strage seppellendo la verità e mantenendo sotto sequestro la memoria di chi non sa o non c'era.

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