Coronavirus

Quel cavillo in un decreto che esclude le attività dai ristori

I contributi di Conte e Franceschini escludono le piccole e medie città turistiche. Esercenti in agonia: "Lo Stato ci ha dimenticato". La protesta parte da Assisi

Quel cavillo in un decreto che esclude le attività dai ristori

San Francesco, pensaci tu. L'ultimo miracolo che all'ombra del Sacro Convento chiedono al santo di Assisi è far capire a Conte, Franceschini e tutto il governo che il voto di povertà l'hanno fatto i frati, non i commercianti. Già, perché il Covid non ha azzerato solo gli affari di bar, ristoranti e negozi di vestiti. Non ha colpito solo le zone rosse. Ma ha sferrato un colpo (quasi) mortale pure ai negozi delle città d'arte e religiose che senza viaggi, turisti e pellegrinaggi restano a secco. "Io quest'anno ho fatturato l'80% in meno rispetto all'anno scorso", ci racconta Michela Cuppoloni, proprietaria di un negozio di souvenir in centro. Il problema è che Assisi, così come tante altre realtà, è stata tagliata fuori da ogni rimborso. Niente 200% sul fatturato. Niente fondo perduto. Niente "potenza di fuoco" di contiana memoria. E così i negozianti da una parte pregano che il patrono d'Italia, dei lupetti, dei poeti, degli animali, degli ecologisti e - guarda caso - pure dei commercianti riesca a far arrivare loro qualche spicciolo governativo. E intanto protestano.

Ieri sera per la terza volta un gruppo si è riunito in piazza. "A marzo - spiega Michela - abbiamo ricevuto come tutti i 600 euro. Ma da allora non abbiamo visto più nulla". Tecnicamente Assisi, così come Loreto, Cascia, San Giovanni Rotondo, Pompei e altri "santuari" che vivono di turismo, non sono in zona rossa. Dunque i negozi di ogni tipo possono restare aperti e il governo non li ha inclusi nei vari decreti. "Ma se io apro e in giro non c'è nessuno, che lavoro a fare?". Con i confini regionali serrati e i voli internazionali che non fanno più scalo, addio ai pullman di turisti e alle frotte di americani attratti dalla sacralità di queste mura arroccate ai piedi del Subasio. I negozi di souvenir a rigor di Dpcm possono pure restare aperti, ma a chi vendono la loro merce se nessuno può recarsi in città? Sarebbe come tenere aperti i centri commerciali chiudendo però le strade per raggiungerli. "Le nostre attività - spiega Michela - non hanno una connotazione giuridica esatta. Il governo per i pagamenti si è basato sui codici ateco, e qui in paese lo abbiamo tutti diverso anche se vendiamo le stesse cose. Fatto sta che tenere aperto senza clienti sarebbe solo un costo. Quindi resto chiusa".

I commercianti assisani dicono di essere una "categoria dimenticata". E scendono in piazza "per i piccoli centri storici che vivono esclusivamente di turismo". Nel decreto agosto, su insistente richiesta del ministro Franceschini, il governo aveva previsto circa 500 milioni da dare agli esercenti della filiera turistica colpiti dal calo dei visitatori. Bella mossa. Peccato che vi possano accedere solo le città capoluogo di provincia o quelle metropolitane con un alto tasso di turisti. Alla fine sono 29, tra cui Siracusa, Matera, Pisa, Rimini. Ma non Assisi e altre località di più piccole dimensioni. Poco importa se Assisi ha dato i natali a Santa Chiara e San Francesco, poco importa se è città della Pace, sede di due basiliche papali da sempre meta mondiale di pellegrinaggi, luogo di visite di Papi, capi di Stato, re e regine. Carta canta: non fa capoluogo, quindi è fuori dai contributi. Così migliaia di famiglie sono ormai "alla frutta": "Io sono fortunata perché non devo pagare l'affitto del negozio - dice Michela - Ma qui c'è una ragazza che è disperata".

Il bello, o il brutto, è che Assisi nel 2019 ha ospitato qualcosa come 5 milioni di persone. Di queste, 1,3 milioni sono state alloggiate nelle strutture ricettive. Il rapporto tra residenti e turisti (che è uno dei criteri del decreto Agosto per l'elargizione dei ristori) tocca la cifra di 1 a 45, molto più dei limiti previsti dal dl. Per l'Istat è una delle 50 città con più visitatori, anche più di alcune ammesse ai contributi. Però non riceve alcunché.

In una recente mozione il Consiglio comunale ha chiesto al sindaco di farsi portavoce verso Conte, Gualtieri, Franceschini e via dicendo affinché almeno in legge di Bilancio vengano trovate delle risorse per le "città Santuario", cioè "quei comuni di piccole e medie dimensioni che, con i loro luoghi di culto e devozione, meta del pellegrinaggio internazionale, danno prestigio e rilevanza all'intera nazione italiana". L'obiettivo è ottenere un contributo a fondo perduto, perché il Covid ha azzerato un intero settore che rischia di non risollevarsi. "Non ci hanno neppure tolto l'Imu - conclude Michela - Lo Stato o non si rende conto o non si vuole rendere conto che così andiamo in rovina".

Sempre che non ci pensi San Francesco.

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