«Fine pena: mai». Così, all'Ufficio matricola del carcere di Oristano, ieri sera timbrano il fascicolo rosa del detenuto Cesare Battisti. Ora gli resta una sola possibilità: cantare. Ammesso che voglia farlo, ammesso che abbia ancora qualcosa da dire e qualcuno da accusare: e trovi qualcuno disposto ad ascoltarlo. Solo in questo modo Battisti può immaginare che l'ultimo cielo che vedrà da vivo non sarà il fazzoletto d'azzurro del carcere di Oristano.
Un solo, microscopico spiraglio nell'ordinamento penitenziario italiano potrebbe infatti consentire all'ex leader dei Pac di considerare ancora aperta la sua lunga partita con lo Stato italiano: la collaborazione. Se sceglierà e otterrà di «pentirsi», tra dieci anni potrebbe avere un permesso premio, e tra ventisei anni, ormai ottantottenne (o, con gli sconti di pena, già cinque anni prima) potrebbe sperare di lasciare il carcere. L'ipotesi è così remota da essere, allo stato, inverosimile.
L'ultimo tratto di strada del mondo libero Battisti lo intravede appena, dietro i finestrini blindati del cellulare dei Gom, le teste di cuoio della polizia penitenziaria, che sfreccia nel crepuscolo dall'aeroporto di Cagliari al carcere «Salvatore Soro». Ai lati gli sfrecciano cento chilometri di statale, tra le campagne del Monreale. Lui ne può cogliere solo gli sprazzi, seduto tra due agenti. Fine della pista.
Da ieri sera la sua casa è una cella del reparto AS2, Alta Sicurezza. Non gli hanno applicato, per ora, il 41bis, l'articolo di massima sicurezza che viene impiegato contro i mafiosi, e che azzera i rapporti con il mondo esterno. Nella sua cella potrà avere la televisione, potranno arrivargli libri, potrà ricevere visite. Il vero mattone che gli piomba addosso, e che non gli renderà facile l'impatto col carcere, è l'isolamento diurno, conseguenza dei quattro ergastoli per le imprese dei Pac. In concreto vuol dire: cella singola, ora d'aria da solo, nessuna partecipazione alle attività sociali con gli altri detenuti. In pratica, gli unici esseri umani che vedrà saranno gli agenti della penitenziaria. Quasi tutti sardi, quasi tutti tosti. Chi c'è passato, assicura che non è una passeggiata. Soprattutto se vieni dai bistrot di Parigi e dalle spiagge brasiliane.
Se sopravvive a questi sei mesi, inizierà la convivenza, inizierà il tran tran di chiacchiere all'ora d'aria, la routine dei lavoretti. Tre piani di celle, 262 detenuti: la scelta di Oristano come destinazione di Battisti è stata presa dal ministro Bonafede insieme al capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, il coriaceo Francesco Basentini. Non è un carcere punitivo, ma poco ci manca.
Qui, tra oggi e domani, Battisti riceverà la sua prima visita: quella di Davide Steccanella, l'avvocato milanese che ieri, appena sbarcato in Italia, ha nominato come proprio difensore di fiducia. E che ha accettato l'incarico, sfidando serenamente l'impopolarità che gliene potrebbe derivare. Non è stata una scelta priva di significato, quella di Battisti: lui e Steccanella non si sono mai incontrati personalmente ma sono da tempo in contatto via Facebook.
Soprattutto, Steccanella è da sempre uno studioso degli anni della lotta armata in Italia, amico di molti dei protagonisti di quella stagione. E autore pochi giorni fa di un post in cui si chiedeva se avesse senso punire dopo quarant'anni il colpevole di un delitto politico.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.