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Chi voleva incastrare Crosetto?

La girandola bizzarra e variopinta dei nomi, peggio del carnevale di Venezia, ci ha lasciato sbalorditi

Chi voleva incastrare Crosetto?

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La girandola bizzarra e variopinta dei nomi, peggio del carnevale di Venezia, ci ha lasciato sbalorditi. E alla fine la giostra che gira rischia di far dimenticare il punto di partenza; il primo a denunciare il cosiddetto dossieraggio è stato con veemenza inusuale Guido Crosetto. Chi voleva abbattere il ministro della difesa? Chi lo aveva messo nel mirino, trasformandolo in target, in quei cruciali giorni di fine ottobre 2022? Gli articoli del Domani escono in un momento drammatico: il governo Meloni è appena nato, fra pregiudizi e anatemi sul ritorno del Fascismo, e l'Europa assiste, con un imponente sforzo bellico, la resistenza dell'Ucraina.

È un mondo rovesciato, ferito e sconvolto, quello in cui si muove la mano seriale e apparentemente temeraria del tenente Pasquale Striano. Incursioni alla garibaldina. Troppo spericolate. Forse perché Striano aveva qualche sponda più in alto o da qualche parte negli apparati dello Stato? Forse, agganci fra le alte linee dell'intelligence. Si, dei Servizi alle prese con gli scontri sotterranei tra potentati e colossi industriali, oltre il confine e in casa nostra, nel rimescolamento di carte provocato dall'aggressione putiniana.

Conviene riflettere su quel che accadeva dietro le quinte, dove si muovono agenti ed emissari con disegni ben precisi, nel giorno in cui Giovanni Melillo e Raffaele Cantone, due fra i più autorevoli magistrati del nostro Paese, sfilano davanti al Copasir e il tema della sicurezza nazionale scala le posizioni nell'agenda politica. Del resto, il procuratore nazionale antimafia è stato netto: «Per la mia esperienza non credo che Striano abbia fatto tutto da solo».

E allora? Probabilmente, non c'era una cabina di regia occulta con pareti e bottoni, e la dietrologia spicciola resta inappagata. Ma forse, non ce n'era bisogno. Striano aveva forse qualche referente fra le divise o nelle stanze dell'intelligence. Insomma, la sua mano era l'unica visibile ma dietro ce n'erano altre, come nella celebre Cueva de las Manos in America Latina.

Senz'altro il tenente, giocando sulla questione delle consulenze ritenute incompatibili, convogliava altri interessi, difficili da mettere a fuoco, ma assai corposi. Appalti. Dossier. Spionaggio militare. Rapporti di forza fra i partner. E qua da noi, poi, fra i militari e nei Servizi nomine e promozioni che sono sempre attuali, anche in queste ore, con l'imminente conclusione a fine aprile del mandato del generale Mario Parente all'Aisi.

Il Governo Meloni, appena insediatosi, ha rischiato di perdere per strada una pedina decisiva per mantenere fragili equilibri, ancora di più con quello che accadeva fra Mosca e Kiev. Chi aveva interesse a destabilizzare o addirittura a modificare le dinamiche dell'esecutivo appena battezzato? La puntigliosa e inquieta denuncia di Crosetto fa capire che a Palazzo Chigi avevano percepito lo spessore dell'attacco. Striano, l'ufficiale «incursore», ci offre una prima risposta. Ma solo quella. Qualcuno, facile pensare con un profilo da 007, spingeva perché certe notizie avvelenate uscissero dalle loro blindature per atterrare sulle prime pagine dei quotidiani.

La giostra ha cominciato a girare, sempre più vorticosa, ma fra calciatori, artisti e imprenditori, c'era anche la prima linea dell'Italia, in dialogo con Bruxelles e la Nato. Striano ha digitato la password.

Qualcun altro ha provato a buttare giù Crosetto.

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