Concordia 5 anni dopo, De Falco: "Schettino poteva essere un eroe"​

Il 13 gennaio 2012 il naufragio della Costa Concordia all'isola del Giglio provocò la morte di 32 persone tra passeggeri e membri dell'equipaggio

Concordia 5 anni dopo, De Falco: "Schettino poteva essere un eroe"​

Ricorre oggi il quinto anniversario del naufragio all'isola del Giglio della Costa Concordia che provocò la morte di 32 persone tra passeggeri e membri dell'equipaggio.

Di quella notte verrà ricordato quel "salga a bordo, cazzo" gridato al telefono dal capitano Gregorio De Falco a l'ex comandante Francesco Schettino, oggi in attesa della sentenza definitiva della Cassazione, che si esprimerà il 20 aprile, dopo la condanna in appello a 16 anni di carcere.

È proprio il capitano Gregorio De Falco che, a distanza di cinque anni, racconta a Il Fatto Quotidiano cosa successe al notte del 13 gennaio 2012. La prima cosa che ricorda è la telefonata arrivata per avvisarlo dell'accaduto: "Sono le 22,30 circa: è la sala operativa che mi dice che c’è una nave passeggeri con 1800 persone in difficoltà vicino alla costa. In realtà i numeri erano altri, ma mi dissero quella cifra per spingermi ad andare. Indossai un paio di jeans e attraversai il cortile per andare in sala operativa. Incrociai il comandante di una motovedetta e gli dissi subito di accendere i motori. In quel momento io ero convinto che la nave fosse nella zona di Livorno, perché la mia delega finiva alla provincia. Elba esclusa".

Continua De Falco: "Io all’inizio credevo che l’emergenza fosse a Livorno, mentre era al Giglio, cioè a 75 miglia di distanza. Dalla prima comunicazione ci dicevano che la nave era a Savona, invece era diretta a Savona. Dalla Concordia parlavano di un black-out. All’inizio la situazione sembrava controllabile. In realtà passò troppo tempo prima che ci dicessero qual era la situazione reale".

Una situazione confusa, in cui dalla nave non arrivava la verità. A capire per primo che qualcosa non quadrava è stato un operatore che ha preso la telefonata dai carabinieri di Prato: "Alessandro Tosi cominciò a fare le domande appropriate al comando della Concordia. Dalla nave rispondevano cose inverosimili: con un black-out la nave non si piega su un fianco. Lui capì per primo che stavano mentendo e serviva un intervento. Il suo carattere livornese un po’ burbero lo ha aiutato".

A proposito del comandante Schettino, De Falco dice: "A me che ero coordinatore dei soccorsi serviva qualcuno che si assumesse la responsabilità: la responsabilità significa fare delle scelte. Serviva qualcuno che ci definisse la situazione per capire che decisioni dovevo prendere e su chi potevo contare. Quando ho parlato in quel modo, il comandante della nave era ancora in tempo per riprendere in mano la situazione e aiutarci nei soccorsi. Lo avesse fatto, per come conosco l’Italia e gli italiani, gli avrebbero steso i tappeti rossi, anche dopo quel comportamento".

Sull'atteggiamento della Costa, De Falco utilizza parole piuttosto dure: "Oltre alla assenza di gestione dei soccorsi a bordo, mi fa andare ancora il sangue alla testa l’assenza di gestione della crisi da parte della Costa. La compagnia in quelle ore non collaborò in modo efficace. Su richiesta di un mio collega di Livorno la società inviò in Capitaneria alcune persone che giunsero intorno alle 3.30 , ma la loro presenza non incise quasi per nulla. Durante le indagini di polizia giudiziaria condotte dalla Procura di Grosseto appresi che tra loro vi era un signore che aveva comandato proprio quella nave, in precedenza.

Non era con noi in sala operativa, ma in una stanza attigua e credo che non l’avesse fatto presente a nessuno. A livello generale, comunque la gestione della crisi da parte della società fu pessima come ha ammesso tempo dopo lo stesso l’ad di Costa, Michael Thamm".

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