Cronache

Gori ora chiede giustizia. Ma in piena emergenza spingeva per la movida

Gli appelli a uscire, ad andare al ristorante e gli hashtag #bergamononsiferma sono lontani per Giorgio Gori, che ora dichiara il comune parte lesa nelle indagini per epidemia colposa

Gori ora chiede giustizia. Ma in piena emergenza spingeva per la movida

Di questo 2020 ricorderemo moltissimi momenti legati alla pandemia e tra questi ci sono gli appelli di febbraio dei sindaci, dei governatori e dei leader politici che invitavano i cittadini a uscire e ad andare nei luoghi di assembramento. Il virus era già arrivato in Italia, dove la gente iniziava ad aver paura. Ma c'erano Nicola Zingaretti, Giorgio Gori e Beppe Sala su tutti a rassicurare organizzando cene e aperitivi. "Sono convinto che un virus non fermerà Bergamo, né oggi né in futuro, e noi che amiamo questa città dobbiamo ridarle presto coraggio e vivacità", scriveva il sindaco di Bergamo a febbraio mentre Zingaretti si faceva fotografare nel bel mezzo di un aperitivo.

Tutto questo sembra ormai lontano e dimenticato, tanto che lunedì Giorgio Gori ha annunciato che "la giunta del Comune di Bergamo ha deliberato di dichiarare il Comune persona offesa nell'indagine preliminare della Procura di Bergamo per epidemia colposa sulla pandemia da Covid-19. Se la Procura deciderà di promuovere l'azione penale, con il rinvio a giudizio, allora il Comune si costituirà parte civile". Il sindaco lo ritiene un atto dovuto e giustificato a fronte della tragedia vissuta da Bergamo durante la prima ondata, quando quella zona della Lombardia fu falcidiata dal coronavirus. Bergamo ha fatto da triste sfondo alle colonne di camion militari che portavano via le salme delle vittime da Covid quando lacittà non era più in grado di gestirle.

In questi mesi, Giorgio Gori ha scritto anche un saggio edito da Rizzoli: Riscatto. Bergamo e l'Italia. Qui racconta i difficili mesi della prima ondata e passa veloce sugli appelli di febbraio. "Apprendiamo dalla stampa che il sindaco di Bergamo si è schierato con il comitato Noi Denunceremo e si sia costituito parte lesa nella causa intentata dal comitato stesso. Nulla sappiamo di questo schieramento. E nessuna informazione al riguardo ci è mai giunta dal Comune e dal sindaco Gori. Abbiamo lavorato per mesi alla ricerca della verità e non permetteremo a nessuno di strumentalizzare politicamente il nostro lavoro o di usare il nostro nome senza nemmeno consultarci", dicono ora con rabbia i parenti delle vittime.

Consuelo Locati, l'avvocato del comitato, a La Verità, spiega quale sia la loro posizione: "Non abbiamo avuto alcun supporto o sostegno esterno da parte della politica o anche solo delle persone che fanno la politica. E sul carro dei vincitori non salirà nessuno, a meno che non lo abbia meritato e comunque solo noi decideremo. Sindaci degli aperitivi e delle cene in ristoranti e sui navigli non ne vogliamo". Dello stesso tenore la posizione del fondatore del comitato: "Sono sincero, non mi aspettavo questa uscita dopo un silenzio durato quattro mesi. Credo che un po' di collaborazione in più con noi ci potesse essere. Mi sembra proprio che si tratti di una manovra elettorale. E trovo irrispettoso nei nostri confronti il fatto di non averci nemmeno informato. Io mi sarei comportato in un'altra maniera, anche perché la responsabilità di Gori nelle prime fasi della pandemia è innegabile. Così come quella di Sala, di Zingaretti e di una parte politica che aveva sottovalutato pesantemente la pandemia. È un peccato originale difficile da cancellare".

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