Coronavirus

Il "piano" di Zangrillo: "Identikit di chi rischia e via alle cure mirate"

Per il professore Alberto Zangrillo è necessario imparare a convivere con il coronavirus, anche in considerazione di una possibile seconda ondata di casi in autunno

Il "piano" di Zangrillo: "Identikit di chi rischia e via alle cure mirate"

Il coronavirus fa sempre paura ma forse oggi, dopo oltre due mesi di dura battaglia, un qualcosa si sta muovendo per sconfiggere o quanto meno rendere meno mortale quell’invisibile nemico che sta sconvolgendo il mondo. Una importante novità è stata annunciata da Alberto Zangrillo, direttore dell'Unità operativa di terapia intensiva generale e cardiovascolare del San Raffaele di Milano e medico di Silvio Berlusconi.

Il professore ha firmato una ricerca sull’identikit del Covid-19 insieme a Fabio Ciceri, vicedirettore scientifico per la Ricerca clinica e primario di Unità di ematologia e trapianto di midollo dello stesso ospedale milanese.
In pratica, i sintomi, le fragilità e la forza del virus così come il suo percorso e le vittime "preferite" non sono più soltanto ipotesi ma evidenze scientifiche. Uno studio importante che potrebbe segnare una svolta e aiutare la popolazione e il sistema sanitario nel caso dovesse registrarsi una nuova seconda ondata di contagi.

In una intervista rilasciata a La Verità il professor Zangrillo ha spiegato che le persone maggiormente esposte al coronavirus sono quelle con più di 65 anni, coloro che hanno un tumore maligno in corso e i soggetti con ipertensione arteriosa o malattie coronariche. Ciò è emerso dall’incrocio dei campioni i biologici, dalla storia clinica e dai dati diagnostici delle mille terapie intensive.

Ma il professore spiega che, nonostante la complessità della situazione, rispetto a due mesi fa, oggi esiste un elemento importante nella lotta contro il coronavirus: il riconoscere in anticipo i pazienti così che si possa intervenire con prontezza ed efficacia. Anche se la fase più acuta dell’emergenza sembra essere passata, Zangrillo invita tutti a non farsi illusioni e sottolinea come sia necessario imparare a convivere con il virus, anche perché in autunno non è da escludere una seconda ondata di casi di contagio.

Il professore definisce un ragionamento senza capo né coda le ipotesi di centinaia di migliaia di persone ricoverate in terapia intensiva in un prossimo futuro se i cittadini non saranno attenti nel rispettare le regole nella "fase 2". Se, poi, l'unico pensiero "è riservare le energie per ricavare migliaia di posti in terapia intensiva- ha aggiunto- andiamo verso il fallimento". Per Zangrillo la strategia corretta è quella di “non terrorizzare le persone ma aiutarle a vivere meglio, anzi a convivere con il virus. La terapia intensiva non programmata è una sconfitta: vuol dire che è successo qualcosa di imprevisto. Invece due mesi di lavoro ci consentono di prevenire con suggerimenti corretti e di non avere bisogno della terapia intensiva”.

Il prossimo passo importante è quello di proteggere le persone a rischio. Ma questo non significa, ha specificato il professore, "blindarle in casa con qualcuno che porta loro il cibo" perché "così non migliorano, anzi quando arriveranno in ospedale saranno in situazione di emergenza. Dobbiamo fare in modo che chi è a rischio abbia diagnosi, monitoraggio e cura". Fare ciò è necessario, ha spiegato il medico di Berlusconi, e immediatamente realizzabile in quanto "si tratta di attivare un meccanismo virtuoso di collaborazione fra ospedale e medicina del territorio gestita dalle regioni. Se il paziente manifesta segnali inequivocabili non accadrà più come a febbraio e marzo, quando rimaneva a casa non gestito e arrivava in ospedale stremato, subito avviato alla rianimazione. Tutto questo è un protocollo con un nome" . Un percorso screening, specifica il preofessore, che si chiama Post, acronimo di Prudenza, Organizzazione, Sorveglianza, Tempestività.

Quella con il coronavirus sarò una guerra lunga e difficile anche perché ad oggi non esistono terapie specifiche. Ma vi è speranza. Secondo Zangrillo le terapie che si avvicinano, risultato di una corsa scientifica all'interno dell' istituto, sono diventate più efficaci."Ora- ha aggiunto- abbiamo le idee chiare sugli antivirali, sugli antinfiammatori necessari, sugli immunosoppressori. Ma solo il confronto delle conoscenze è vincente, quindi è bene che le evidenze siano confermate anche all'esterno".

Sulla possibilità che il virus sia divenuto meno aggressivo, il professore ammette che la sensazione ha una sua fondatezza ma non può sbilanciarsi su questa ipotesi in quanto non esistono elementi che lo possono dimostrare scientificamente. Infine, il professore ha spiegato come sia necessario tornare a tutelare i pazienti necessariamente trascurati per a causa dell’emergenza Covid-19. “Anche questo è un progetto che abbiamo presentato alla Regione Lombardia: un' area separata e totalmente protetta per eventuali necessità coronavirus, con un presidio ospedaliero concepito ad hoc.

In modo che si possa tornare a pieno titolo e a pieno ritmo a curare gli altri malati”.

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