L’altissimo numero di persone morte a causa del coronavirus nel Nord Italia, e specialmente in Lombardia, è un mistero sul quale si sta interrogando la comunità scientifica. Fino ad oggi si sono fatte tante ipotesi per spiegare questa drammatica situazione ma le certezze sono praticamente nulle.
Guido Silvestri, illustre scienziato italiano ora negli Usa dove insegna Patologia alla Emory university di Atlanta e dirige la Divisione di microbiologia e immunologia allo Yerkes national primate research center e membro dell'Emory vaccine center, è intervenuto sull’anomalia che sta colpendo duramente il Settentrione. L’esperto, in un lungo post su Facebook, ha elencato le 5 ragioni plausibili e le 4 meno probabili che potrebbero essere alla base di questa grave emergenza sanitaria ma spiega che la sua analisi "contiene più domande che risposte" ma è un punto di partenza per "ragionare insieme su un dato che è al contempo importante, sorprendente e allarmante".
Silvestri osserva come da diversi giorni la mortalità per il coronavirus"è altissima in Italia ed è quasi completamente concentrata nel Nord e Centro-Nord. Infatti al 21 marzo ci sono "solo" 145 decessi, pari al 3% del totale, nelle regioni dal Lazio compreso in giù, nonostante queste comprendano il 45% circa della popolazione italiana".
Eppure, spiega ancora lo scienziato, la mortalità nel Nord Italia è alta non solo in termini assoluti "ma anche come "indice crudo di letalità", calcolato come rapporto tra decessi e numero totale dei casi confermati. "Questo indice è del 9% in Italia - ha ricordato Silvestri - ma in Lombardia è addirittura del 12,3%" e la Regione "raccoglie oltre il 64% dei decessi italiani per Covid-19, nonostante rappresenti solo il 16,7% della popolazione italiana".
L’esperto, per fare un raffronto su questa anomalia, ha spiegato "come questo indice di letalità si comporta in altri Paesi colpiti da Covid-19, calcolato su dati del Csse della Johns Hopkins University: Iran 7,5%; Spagna 5,4%; Regno Unito 4,4%; Cina 3,7%; Francia 3,6%; Olanda 3,5%; Giappone 3,4%; Belgio 2,4%; Grecia 2%; Usa 1,32%; Corea del Sud 1,16%; Canada 1,1%; Svizzera 0,95%; Brasile/Cile/Argentina 0,89%; Australia 0,65%; Paesi scandinavi 0,63%; Singapore 0,46%; Germania 0,35%; Malaysia 0,34%; Austria 0,26%; Paesi del Golgo 0,21%".
Per Silvestri, che sottolinea come alcuni dati provenienti da Paesi come Cina e Iran non siano del tutto attendibili, dichiara che il trend sembra essere molto chiaro. Tanti, invece, sono i dubbi su cosa lo abbia scatenato. Lo scienziato ha illustrato 9 possibili cause che hanno fatto divampare l’epidemia di coronavirus nel Nord Italia.
La prima è legata alla presenza di molte altre infezioni non diagnosticate che già erano presenti in quell’area. "È possibile che il vero “denominatore” nel calcolo della letalità sia molto più grande. Per esempio- ha spiegato Silvestri- i casi di infezione da Sars-CoV-2 in Lombardia potrebbero essere 10 volte di più di quelli confermati, cioè 255.000 anziché 25.500 casi. In questo caso, ovviamente, la letalità reale sarebbe dell'1,23% anziché del 12,3%, quindi nella media degli altri Paesi". Su questo punto si potrà fare maggiore chiarezza solo con indagini virologiche e/o sierologiche a tappeto.
La seconda ipotesi è una erronea attribuzione dei decessi al coronavirus. L’esperto ha spiegato secondo questo ragionamento cui ci sarebbero molte morti "con" Sard-CoV-2 e non "per" Sars-CoV-2. Lo scienziato ha, però, dichiarato che "al di là della sottigliezza grammaticale e del fatto che le cause di morte non sono sempre in bianco e nero non sono a conoscenza di dati che possano indicare che le morti da Covid-19 siano contate diversamente in Italia da altri Paesi. Conclusione: motivo poco plausibile".
Il terzo punto potrebbe essere legato ad uno stato più avanzato della pandemia. In pratica, ha scritto Silvestri, in Italia ci sarebbero più casi gravi perché la pandemia ha avuto una durata più lunga in quanto è partita prima. Ma questa argomentazione, avanzata da Yashka Mounk della Jhu, secondo l’esperto è in realtà debole perché altre pandemie registrate in Cina, Korea, Giappone sono iniziate prima dell'Italia e “non c'è al momento ragione di pensare che con il passare del tempo il numero di casi gravi aumenti in modo notevole. Semmai i dati cinesi suggeriscono che la mortalità tende a scendere col progredire della pandemia, probabilmente perché i medici 'imparano a gestire meglio i casi più gravi. Conclusione: motivo poco plausibile".
La quarta considerazione riguarda i fattori ambientali come temperatura ed umidità. Ciò potrebbe spiegare, almeno in parte, le differenze tra Nord e Sud Italia, come le differenze con altre regioni calde del globo (America Latina, Golfo, Sud-Est Asiatico, Australia). Però non spiega le differenze con Paesi "freddi" come Canada e Scandinavia. Questa tesi, secondo l’esperto, è poco plausibile come causa unica, ma plausibile come co-fattore.
La quinta tesi è relativa all’inquinamento ambientale. Il docente ricorda che l’ipotesi è apparsa in uno studio della Società italiana di medicina ambientale (Sima) a firma di L. Setti dell'Università di Bologna e G. de Gennaro dell'Università di Bari. Silvestri spiega che questo punto può essere interessante in teoria "ma i dati sono correlativi e non è chiaro se ci sia un nesso di causa-effetto. Conclusione: motivo al momento poco plausibile, meriterebbe più studi".
La sesta ipotesi è legata all’età avanzata della popolazione italiana. Per l’esperto ciò potrebbe spiegare differenze di mortalità "con Paesi "giovani" ma, ovviamente, non con Paesi di simile composizione anagrafica (Giappone o Francia). Conclusione: motivo poco plausibile come causa 'unicà, ma plausibile come co-fattore".
La settima possibile supposizione riguarda gli aspetti sociali. "Si parla molto del fatto che i nonni italiani siano più a contatto dei giovani che in altri Paesi e per questo sarebbero più a rischio di infezione (e quindi di mortalità che, come noto, è alta negli anziani). L'ipotesi è interessante – ha affermato lo scienziato- ma dovrà essere confermata con studi virologici e/o sierologici che dimostrino come in Italia la percentuale di anziani infettati sia più alta che in altri Paesi". In pratica, la tesi potrebbe avere qualche elemento di veridicità ma meriterebbe più studi.
L’ottava teoria per spiegare una così alta mortalità a causa del coronavirus nel Nord Italia è inerente al sovraccarico delle strutture sanitarie che hanno dovuto affrontare l’emergenza in un arco temporale ristretto. "Qui si ritorna al famoso grafico dello 'tsunamì vs. mareggiata popolarizzato da Pier Luigi Lopalco. Secondo questo modello - ricorda il docente - la presenza di un numero molto alto di casi concentrato in un breve lasso di tempo porta a un sovraccarico del Servizio sanitario che risulta in una impossibilità a curare i pazienti nel modo più appropriato per carenza di personale, letti, apparecchiature, eccetera, causando così una più alta mortalità”. Questa ipotesi, ritiene lo scienziato, è plausibile e merita studi epidemiologici approfonditi.
Infine, vi è la possibilità che il coronavirus abbia subito una mutazione genetica che lo hga reso più aggressivo e mortale. "E' una ipotesi, o meglio, una speculazione- ha scritto ancora Silvestri- avanzata senza alcun dato virologico di supporto”. Pertanto è implausibile sulla base dei dati attualmente disponibili.
L’esperto, pur sottolineando che ad oggi non ci sono certezze, ha invitato tutti a non scoraggiarsi "perché la scienza parte
sempre dall'ignoranza - cioè dal riconoscere le cose che non si sanno - per poi avanzare delle ipotesi che possano spiegare il fenomeno e quindi programmare esperimenti o studi che possano testare queste ipotesi".
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