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Corradi in viaggio nel terremoto: "Sedilis ricostruita grida W il Giornale. E Montanelli posa la prima pietra"

Il paesino era stato raso al suolo dal sisma del Friuli. E il principe degli inviati di guerra racconto cos' la festa della resurrezione: "Con i soldi dei lettori chi perse tutto ha trovato casa". Con la benedizione di Indro

Corradi in viaggio nel terremoto: "Sedilis ricostruita grida W il Giornale. E Montanelli posa la prima pietra"

G ran festa ieri a Sedilis, frazione di Tarcento, sulle prime colline a una ventina di chilometri da Udine. Indro Montanelli, felice, ha posto la prima pietra dei lavori di ricostruzione del paese cui i generosi sottoscrittori del «Giornale nuovo», della «Sicilia» di Catania e de «L'Adige» di Trento e di altri donatori, tra i quali il comune di Cerea, hanno dato un apporto determinante (...) Sedilis, quasi per intero bruciata dai tedeschi nel 1944, è un paese costituito di una quindicina di abitati, o borghi, disseminati in genere all'incrocio dei crinali che legano un fitto e ripido sistema collinare. L'unico spiazzo di un qualche rilievo nell'area della frazione è quello dove si trovano la chiesa parrocchiale di Santa Giuliana e la canonica, ambedue molto gravemente danneggiate. Il resto è tutto pendii scoscesi e un elicottero stenterebbe a trovare lo spazio per atterrare. Se si sa poco della città di Tarcento molto meno si sa della sua propaggine montana di Sedilis. La quale secoli fa si chiamava «Log», che in qualche idioma slavo significa «bosco». Sedilis, invece, dovrebbe venire dal latino e volere dire «sellette», selle tra collina e collina. Sedilis comunque deve essersi trovata a seguire la storia di Tarcento. I registri parrocchiali della frazione (la cui parrocchia di Santa Giuliana è tale dal 1907) cominciano comunque a portare cronache a partire dal 1828, non prima. Circa trenta anni dopo, Sedilis riceve il suo primo (e per ora ultimo) minuscolo raggio di gloria letteraria riflessa. É infatti precisamente nel 1857 che Ippolito Nievo pubblica con il sottotitolo «storia del nostro secolo» il suo romanzo minore «Il conte pecoraio», una storia un po' retorica e ben lontana dalla vitalità delle «Confessioni». Nel «Conte pecoraio» in parte ambientato nel non lontano borgo di Torlano, si leggono un paio di citazioni di Sedilis. Eccone uno di carattere diciamo così «panoramico»: «...si accavalla via via un labirinto di colli pedemontani entro i quali si raccolgono i paesetti Schiavi di Sedilis e di Ramandolo...». È stata la prima tranche dei lavori - ma in un certo senso la più significativa - quella cui Montanelli ha dato ieri il via. Nel fondo del profondo scavo di fondazione dell'edificio che ospiterà sei famiglie di nullatenenti di Sedilis, il nostro direttore ha dato di mano a calcina e cazzuola adempiendo alla simbolica bisogna più o meno come si usa in questi casi, ma certo più commosso di quanto certe pur rispettabili autorità sogliano essere in simili frangenti. I sedilesi avevano teso gran pavesi di allegre bandiere colorate, poi coperto di striscioni i muri ancora diroccati (W la ricostruzione, Viva i sottoscrittori del «Giornale», grazie al «Giornale», Viva Montanelli) alzato archi di trionfo di frasche e fiori, esposto drappi alle finestre, preparato damigiane di preziosi e celebri vini locali (il bianco Ramandolo e il rubizzo Refosco) nonchè tavolate di dolci e stuzzichini. C'era anche, coperto da un arco di verzura, il palco per gli oratori. Una giornata stupenda, tutti sorridevano e si sorridevano lieti, evviva. Montanelli ha chiarito che per il Giornale grazie allo slancio dei suoi lettori non è stato difficile raccogliere i fondi della sottoscrizione: «I destinatari dei vostri applausi e della vostra riconoscenza non siamo noi del Giornale. Noi siamo stati soltanto un tramite. I veri destinatari sono i nostri lettori. Tutti da colui che ha fatto l'offerta più piccola a colui che l'ha fatta più grande». Sedilis è stata inserita nella ristrettissima lista di priorità e dei centri terremotati che possono ora fruire immediatamente dei finanziamenti regionali. «La donazione dei lettori del Giornale - ha detto l'architetto Meda - ha funzionato come una locomotiva che ci aiutato a superare rapidamente i più forti ostacoli burocratici».

Il Giornale - 25 luglio 1978.

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