Cronache

"Hanno figli, niente rimpatrio" I giudici ignorano il dl Salvini

Farà sicuramente discutere la sentenza emessa dalla corte d’appello di Salerno, che aggirando le norme previste dal decreto sicurezza, ha permesso ad una famiglia di marocchini di restare in Italia per non causare gravi conseguenze nello sviluppo psicofisico dei figli della coppia

"Hanno figli, niente rimpatrio" I giudici ignorano il dl Salvini

Clamorosa sentenza della Corte d’appello di Salerno che, esprimendosi in merito alla situazione di una famiglia di stranieri, scavalca di fatto l’applicazione delle norme previste dal decreto sicurezza.

Come riportato da “La città di Salerno”, il caso finito in tribunale è quello di due genitori di nazionalità marocchina, che lo scorso 28 settembre si videro rifiutare la possibilità di prorogare la loro permanenza in Italia. La coppia, residente nel nostro Paese da una decina d’anni e regolarmente in possesso di permesso di soggiorno, aveva inoltrato la richiesta di rinnovo appellandosi al fatto che nella famiglia fossero presenti due bambini, uno di 4 anni ed uno in arrivo.

Secondo la legge 286 del 1998, infatti, il giudice del tribunale dei minori può concedere permessi di soggiorno, nonostante la presenza di altre norme, in caso vi siano“gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico” del minorenne.

Nonostante le argomentazioni addotte dai due marocchini, i giudici avevano tuttavia negato il rinnovo del permesso in quanto, a loro parere, nella richiesta inoltrata non si leggevano motivazioni tali da poter essere catalogate come “gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico”. L’allontanamento dei bambini dall’Italia insieme ai loro genitori non avrebbe prodotto nei piccoli danni tanto seri da comprometterne lo sviluppo.

Questa, però, era la sentenza in primo grado. Preso atto del diniego, il legale della coppia ha dunque deciso di presentare ricorso alla corte d’appello. È proprio quest’ultimo, l’avvocato Tommaso D’Avino, a raccontare la vicenda: “Sono rimasto sorpreso quando il procuratore generale nella sua requisitoria in aula, nel pronunciarsi per il rigetto dell’istanza, ha detto: ‘Il governo ci chiede di restringere il numero degli accessi...’. Le nostre ragioni, invece, erano basate sul principio che lo sradicamento dal contesto in cui vivono i minori è di per se stesso un danno, soprattutto quando questo comporta il cambio dello Stato e senza avere rassicurazioni di una realtà migliore in altro sito”.

Dello stesso avviso, evidentemente, sono stati anche i giudici della seconda sezione civile del tribunale d’appello, che mercoledì si sono espressi con una sentenza che potrebbe anche creare dei precenti. L’allontanamento della famiglia“cagionerebbe ai figli significativi pregiudizi per una crescita serena ed equilibrata, soprattutto ove si consideri che la perdita, da parte dei genitori, dell’attuale posto di lavoro (…) incrinerebbe l’equilibrio del nucleo familiare. Non solo sotto il profilo strettamente economico, ma anche sotto quello relazionale ed affettivo, che ne risulterebbe inevitabilmente compromesso”.

Decisione presa, quindi: la famiglia di nordafricani resterà in Italia. Tanta la soddisfazione dell’avvocato D’Avino.

“Questo decreto è una lezione di civiltà che tutti noi abbiamo il compito di ascoltare per comprendere il senso stesso della nostra esistenza in un Paese che fonda i suoi valori sui principi della solidarietà e della civiltà”.

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