Cronache

La Corte di Giustizia Ue: "Dal part time al tempo pieno senza consenso del lavoratore"

Respinto il ricorso di una funzionaria del tribunale di Trento. La Corte di Giustizia Ue: "Il datore di lavoro può decidere anche contro il parere del lavoratore"

La Corte di Giustizia Ue: "Dal part time al tempo pieno senza consenso del lavoratore"

Un datore di lavoro può trasformare un part time in un tempo pieno senza consultare il lavoratore. E, quindi, anche contro il suo parere. A deciderlo è stata la Corte di Giustizia europea in una sentenza su una funzionaria del tribunale di Trento che ha fatto ricorso contro la fine del part time trasformato, senza essere consultata, in un tempo pieno.

Secondo la Corte di Giustizia Ue, l’accordo quadro sul lavoro part time "ammette una normativa che consente al datore di lavoro di disporre, per ragioni obiettive, la trasformazione del contratto di lavoro da contratto a tempo parziale in contratto a tempo pieno senza il consenso del lavoratore interessato". I giudici di Bruxelles precisano che, in virtù di una legge del 2010, "tutte le amministrazioni pubbliche possono (entro centottanta giorni dall’entrata in vigore della stessa), nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede, sottoporre a nuova valutazione i provvedimenti di concessione della trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale già adottati". La sentenza riguarda il caso di un funzionario del ministero della Giustizia in servizio al tribunale di Trento dal 28 agosto 2000. L'8 febbraio 2011 il dicastero di via Arenula ha "unilateralmente" posto fine al part time imponendo alla donna il tempo pieno a decorrere dal primo aprile dello stesso anno.

Nella controversia che ne è derivata, il tribunale di Trento ha chiesto alla Corte di Giustizia Ue di stabilire se la trasformazione del rapporto di lavoro sia contraria alle disposizioni dell'accordo quadro sul lavoro part time. Nella sentenza i giudici di Bruxelles ricordano anzitutto che la direttiva e l'accordo quadro sono tesi a "promuovere il lavoro a tempo parziale, su basi accettabili sia per i datori di lavoro sia per i lavoratori", e a "eliminare le discriminazioni tra i lavoratori a tempo parziale e quelli a tempo pieno". "L’accordo quadro - continua la Corte di Giustizia Ue - rimette agli Stati membri e alle parti sociali la definizione delle modalità di applicazione dei principi generali, prescrizioni minime e disposizioni, al fine di tener conto della situazione in ogni Stato membro".

Ed esclude che "l’opposizione di un lavoratore a una trasformazione del proprio contratto di lavoro da tempo parziale a tempo pieno possa costituire l’unico motivo del suo licenziamento, in assenza di altre ragioni obiettive".

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