Cronache

Così diminuiscono i cattolici italiani, ecco numeri e scenari

I cattolici italiani stanno diminuendo. Questo è il primo dato che emerge dalla ricerca della Community Media Research per la Stampa. Ecco gli scenari

Così diminuiscono i cattolici italiani, ecco numeri e scenari

I cattolici italiani stanno diminuendo di numero. Questa è la prima conclusione che si può trarre dalla ricerca di Community Media Research, in collaborazione con Intesa Sanpaolo, per La Stampa. La religione cattolica - però - è complessivamente in crescita. Nelle nazioni sudamericane, in Africa e in Asia i numeri parlano chiaro: secondo l’annuario rapporto pontificio del 2016, i battezzati presenti nel mondo sono diventati 1 miliardo e 285 milioni. Il continente africano - poi - spicca in questa crescita progressiva con 214 milioni di africani che risultano essere di fede cattolica. Il baricentro del cristianesimo - anche per via della pastorale di papa Francesco - pare essersi definitivamente spostato. La capitale della cristianità - adesso - è l'intero Brasile, con quasi 180 milioni di fedeli. Roma è rimasta il centro e la sede della religione cattolica solo per "meriti" storici e formali.

Secondo i dati riportati dal quotidiano torinese, l'appartenenza alla religione cattolica in Italia è in netta contrazione: "...la maggioranza della popolazione si dichiara ancora oggi cattolica (60,1%). Largamente minoritari sono quanti appartengono ad altre famiglie religiose (dagli islamici ai buddisti, dagli ebrei alle altre cristiane o non cristiane: complessivamente il 6,5%). Per contro, un italiano su tre (33,4%) non sente di appartenere ad alcuna confessione religiosa", ma questa quota "decresce significativamente dal 2000 di 19,1 punti percentuali, quando allora era stimata al 79,2%. Tale travaso, però, più che andare a vantaggio di altri gruppi religiosi, va ad alimentare l’area della non-appartenenza: il 33,4%, contro il 18,8% del 2000". Una tendenza che - se venisse confermata nel tempo -porterebbe con sè una lenta, ma irreversibile quasi sparizione del cattolicesimo dalla nostra società. Marcello Veneziani ha attribuito una parte della "responsabilità" a Papa Francesco. Ha scritto - infatti - il filosofo, scrittore e giornalista italiano sul suo sito: "Un quarto degli italiani, quasi come i tifosi di calcio o gli affezionati a un tg. Sono dati riportati nell’Anteprima di Giorgio dell’Arti [Marini, Sta] e certificano il fallimento del nuovo corso papale, o perlomeno la sua assoluta incapacità di invertire la tendenza". E ancora: "Chiediamo troppo a Bergoglio di porsi quantomeno la domanda e di darsi una risposta onesta, senza cercare alibi e complotti su cui scaricare le responsabilità? Tanto più che quei dati, come è noto, riguardano l’intera cristianità in occidente e non solo l’Italia; magari meno vistosi nelle periferie del mondo rispetto ai luoghi centrali della civiltà cristiana...", ha chiosato Veneziani.

La questione è tanto antica quanto quella omerica. Benedetto XVI - già nella scelta del nome - aveva suggerito quale sarebbe stato il suo principale "campo di battaglia" durante il pontificato: quell'Europa desacralizzata e invasa dal relativismo, che Joseph Ratzinger ha ritenuto di dover provare ad evangelizzare da capo. Alain de Benoist - dal canto suo - è convinto del fatto che la grande missione pastorale di Giovanni Paolo II prima e del papa Emerito poi - cioè quella di "rievangelizzare" il Vecchio Continente - sia clamorosamente fallita. Francesco - invece - pare aver spostato l'asse portante del cristianesimo in territori lontani da quelli tradizionalmente legati alla religione cattolica. Basti pensare che - almeno attualmente - al momento dell'extra omnes, Toledo e Mainz, Baltimora e Salvador de Bahia, resterebbero fuori dal Conclave. Diocesi e sedi primigenie della cristianità - europee e non - che in virtù della riforma del Conclave sono state esautorate dalla storica appartenenza cardinalizia. Il messaggio del pontefice argentino - del resto - è evidente: si diviene cardinali per meriti e non per consuetudine. Si fa un gran parlare - poi - dello scontro tra "conservatori" e "progressisti" cattolici nella Curia Romana, ma quale sarebbe l'originario e primario oggetto del contendere se non quello riguardante il primato europeo all'interno delle logiche dottrinali ed ecclesiastiche? Il timore che molti hanno - insomma - è che Francesco abbia dato per "persa" l'Europa e abbia deciso così di concentrare gli sforzi del suo magistero nei luoghi dove il cristianesimo sembra avere possibilità di attecchire o di crescere. Ha specificato - ancora - Veneziani: "E ancor più conta la veloce scristianizzazione del nostro tempo che sostituisce Dio con l’io, o con altri idoli di passaggio, la devozione con l’hi-tech, la religione coi consumi, la mistica con l’ecstasy, i valori morali con il politically correct. Un processo lungo e profondo che non è certo iniziato col pontificato di Bergoglio e nemmeno con quello dei suoi predecessori".

Papa Francesco - insomma - sarebbe responsabile solo in parte, ma non starebbe facendo granché per evitare la situazione fotografata dai dati. A tre giorni dal Natale - per tre cattolici italiani su quattro - la messa pare finita. E allora diventa lecito chiedersi se questo "fallimento" sia attribuibile al Papa, al modello religioso italiano o alla generica desacralizzazione dell'Europa. Prima dell'addio al pontificato, Benedetto XVI aveva "profetizzato" un ridimensionamento della Chiesa cattolica, che nella visione di Ratzinger sarebbe finita per divenire minoritaria, irrilevante e destinata a ripartire da un piccolo gruppo di fedeli riunitosi attorno alla prassi e alle ritualità della Chiesa delle origini. Ecco, Ratzinger è sembrato disposto a ripartire da quei pochi e da quella condizione d'ininfluenza culturale e identitaria in Europa, Papa Francesco no: Bergoglio ha rianimato il cattolicesimo e ha contribuito ad aumentare il numero dei cattolici, ma fuori del Vecchio Continente.

In fin dei conti, la differenza sostanziale e principale tra i due papi, è tutta qui.

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