Il nervo olfattorio è la via d'ingresso: così Covid colpisce il cervello

Il Covid-19 colpisce il cervello soltanto in maniera indiretta con sintomi comuni anche ad altre infezioni virali: sono rassicuranti le parole del Presidente della Sin, Gioacchino Tedeschi e del Prof. Alessandro Olivi. Ecco cosa ci hanno detto

Il nervo olfattorio è la via d'ingresso: così Covid colpisce il cervello

Covid e cervello, che legami ci sono? Se, da un lato, giungono conferme sul fatto che il virus possa colpire anche il tessuto neurologico, dall'altro è fondamentale capire in che modo. In questo senso, risposte e rassicurazioni sono arrivate dai massimi esperti nel settore.

Il cervello: in che modo è coinvolto?

Per evitare di gettare nel panico la popolazione, possiamo subito dire che, ad oggi, il Coronavirus non colpisce direttamente il cervello se non in casi rarissimi. È notizia di pochi giorni uno studio condotto dall'ospedale San Paolo e dall'Università Statale di Milano in collaborazione con i principali centri neurologici dei Paesi europei. Nel lavoro, pubblicato sull'European Journal of Neurology, i ricercatori scrivono che "sebbene le principali caratteristiche cliniche dell'infezione da Cvodi-19 siano polmonari, stanno emergendo numerosi segni neurologici, sintomi e malattie associati. L'incidenza e le caratteristiche delle complicanze neurologiche non sono chiare".

Lo studio italo-europeo. Dal 27 aprile sono stati raccolti i dati di 2.343 pazienti positivi al virus tramite questionari: l'82,0% di loro ha risposto di aver avuto sintomi neurologici, specialmente i pazienti non italiani. I risultati neurologici più frequentemente riportati sono stati mal di testa (61,9%), mialgia (50,4%), anosmia (49,2%), ageusia (39,8%), coscienza compromessa (29,3%) e agitazione psicomotoria (26,7%). Encefalopatia e disturbi cerebrovascolari acuti sono stati riportati al 21,0%. Le manifestazioni neurologiche sono state interpretate come cause possibili del Covid-19 e più comunemente riconosciute in pazienti con più sintomi generali e si sono verificate in qualsiasi momento durante l'infezione. Infine, lo studio si conclude con i ricercatori che affermano come si stia "aprendo un nuovo capitolo nei libri di neurologia" e che "i neurologi potranno avere un ruolo importante nella gestione della pandemia e nei suoi esiti".

"Nervo olfattorio possibile via d'ingresso del virus"

Al momento, quindi, non si hanno "certezze inconfutabili riguardo un ruolo diretto dell’infezione da Sars-CoV-2 nelle manifestazioni neurologiche osservate", ha detto in esclusiva a Ilgiornale.it il Presidente della Società Italiana di Neurologia (Sin), Gioacchino Tedeschi, spiegando quale potrebbe essere la "porta" che il virus utilizzerebbe per entrare nel tessuto cerebrale. "Esistono alcuni studi che ci indicano come una possibile via che il virus utilizza per colpire il sistema nervoso sia il nervo olfattorio. La ridotta/assente percezione degli odori (ipo-anosmia) potrebbe quindi essere indicativa di un rischio di complicanze neurologiche", ci ha detto Tedeschi, che ha raccontato un altro sintomo tipico che produrrebbe problemi cerebrali. "Altre indicazioni scientifiche suggeriscono che il coinvolgimento del sistema nervoso sia frutto di una vasculite, cioè una reazione infiammatoria che colpisce i vasi e che, favorendo la tendenza a sviluppare trombosi, sarebbe alla base di alcune delle principali manifestazioni neurologiche quali gli eventi ischemici".

"Serve rigore scientifico". Il Presidente Tedeschi ha sottolineato come la conoscenza richieda "tempo e lucidità": è un virus che si conosce da pochi mesi ed è quindi importante procedere per gradi e con dati affidabili. "Gli studi pubblicati fino ad oggi sono di modesta qualità e basati su casistiche poco numerose in cui la valutazione dei pazienti da un punto di vista neurologico non è stata eseguita in modo preciso": da qui, la necessità di avere "accuratezza e rigorosità scientifica, gli unici mezzi per arrivare a una vera conoscenza dell’infezione in tutti i suoi aspetti, comprese le manifestazioni neurologiche correlate", ha detto Tedeschi.

"Nuovo capitolo nella storia della Medicina". "Si è aperto un nuovo capitolo nella storia della Medicina. E di certo la Neurologia non ne è esclusa": parole chiare e cristalline quelle del Presidente della Sin, sempre più convinto dell'esistenza di una correlazione tra infezione del virus e manifestazioni neurologiche anche se "un diretto rapporto di causa-effetto è tutt’altra cosa da dimostrare ed è presto per trarre delle conclusioni". Sarà molto importante il lavoro dei neurologi nei prossimi mesi per scoprire nuovi meccanismi e, soprattutto, per la diagnosi precoce. "I neurologi possono avere un ruolo chiave non solo nella cura delle complicanze, ma anche (qualora gli studi dovessero confermarlo) nell’individuazione di segni precoci dell’infezione".

Ecco i sintomi. Cefalea, confusione e disturbi di coscienza sono poco specifici e presenti in pazienti con infezioni gravi di qualsiasi origine ci ha detto il presidente. "Alcune evidenze suggeriscono che l’infezione possa essere un fattore di rischio per l’insorgenza di ictus, rischio probabilmente correlato all’aumentato rischio trombotico. Allo stesso modo, l’insorgenza di manifestazioni neurologiche dopo l’esordio della fase acuta della malattia può implicare la presenza di fenomeni autoimmuni post-infettivi". Queste sono situazioni già note e legate ad altre infezioni, è per questo che sono "necessari ulteriori studi per determinare se e quali di queste manifestazioni siano specifiche dell’infezione da Sars-CoV-2".

"I danni sono reversibili". Per fortuna, i sintomi sono blandi e "riguardano la ridotta capacità di percepire gli odori (iposmia) e i sapori (ipogeusia)", ci spiega Tedeschi, sottolineando come "tendono a regredire lentamente dopo la risoluzione dell’infezione e solo in rari casi tendono a non risolversi". Quando, in conclusione, gli è stato chiesto se bisogna essere preoccupati, ha affermato che "la preoccupazione non aiuta nella soluzione di un problema. Bisogna essere attenti a osservare le misure che ci vengono indicate dagli organismi competenti. La comunità scientifica e gli organi di informazione dovrebbero lavorare insieme per trasmettere messaggi chiari e facilmente interpretabili da tutti". Da questo punto di vista, la Sin sta organizzando un programma di raccolta dei dati clinici e strumentali dei pazienti che hanno presentato sintomi neurologici e che sono stati ricoverati per Covid-19. "Al momento lo studio, che in parte è retrospettivo e in parte prospettico, è in fase di avvio ed ha raccolto l’adesione di circa 50 divisioni di neurologia disseminate sul territorio italiano", ha concluso Tedeschi.

"Il cervello è attaccato 'indirettamente' dal virus"

"Dire che il virus 'colpisce il cervello' significa affermare la sua presenza nel tessuto cerebrale ma, al momento, non ci sono dati che dicono che il virus lo attacchi direttamente": è stato chiaro come il sole anche il Prof. Alessandro Olivi, eccellenza italiana nel campo della neurochirurgia dopo ben 27 anni alla Johns Hopkins University di Baltimora come vicedirettore della Neurochirurgia e Direttore della divisione di Neurochirurgia oncologica, che fa eco al presidente Tedeschi. Attuale Direttore dell'Unità Operativa Complessa di Neurochirurgia del Policlinico Gemelli di Roma, lo avevamo intervistato un mese fa, in esclusiva per Ilgiornale.it, sul rapporto tra Covid e cervello. E, come allora, ha ribadito come il virus attacchi indirettamente il tessuto cerebrale, come potrebbe fare un qualsiasi altro virus, ad esempio quello dell'influenza, i cui sintomi sono spesso associati a mal di testa e cefalee. "Il cervello, spesso, è una cartina di tornasole di quello che succede intorno al corpo, compresi gli effetti di reazione immunitaria. Come detto l'altra volta, non è escluso che ci siano effetti indiretti come le cefaliti immunitarie", ha spiegato il Prof.Olivi.

"Solo supposizioni". "Il virus dell'Herpes, ad esempio, si può trovare nel tessuto cerebrale. I casi di Covid, invece, sono molto sporadici e ancora non confermati. Sono molto rari i casi dove è stato riscontrato un coinvolgimento diretto", sottolinea il prof, spiegando che al momento si fanno soltanto delle ipotesi, come quelle che riguardano "l'olfatto quando si dice che potrebbe essere la via d'entrata del virus a livello dei bulbi olfattori. Al momento, però, queste rimangono supposizioni. I dati scientifici, che sono quelli patologici, non sono definitivi". Quindi, come si sposano queste affermazioni con la ricerca in cui 3 pazienti su 4 sono colpiti dal virus? "Significa che 3 pazienti su 4 possono avere sintomi della sfera neurologica, che vanno dalla cefalea all'anosmia.

Tra questo e dire che il virus attacchi le cellule cerebrali ce ne passa...", conclude il Prof., rimarcandolo per evitare che la gente possa impaurirsi, per adesso, inutilmente. "Ad oggi, i dati ci dicono che un coinvolgimento diretto del virus nel tessuto cerebrale non c'è".

tessuro neurologico

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