Coronavirus

Crisanti adesso lancia l'allarme: "Le Regioni truccheranno i dati"

Il professore teme che le Regioni possano approfittare della situazione e ritoccare i numeri a loro favore

Crisanti adesso lancia l'allarme: "Le Regioni truccheranno i dati"

Dura l’accusa che Andrea Crisanti ha fatto, neanche tanto velatamente, alle Regioni e alla loro trasparenza e correttezza. Parlando del nuovo Dpcm, il professore ordinario di Microbiologia all'Università di Padova, ha confessato in una intervista a La Stampa di non averci capito nulla. E la sua non sarebbe una posa ma una vera confessione, farebbe davvero fatica a capire il documento che ha generato in lui molti dubbi e la speranza che il governo spieghi bene di cosa si tratta. Non sarebbe solo un punto a creare confusione.

Crisanti non si fida delle Regioni

“Intanto mi pare manchi un automatismo preciso per cui a una determinata regione vengano imposte le chiusure. Il punto di cui si parla da settimane è sempre quello. Ora ho letto che ci sarebbero 21 criteri per decidere se una regione appartenga alla zona verde, arancione o rossa. Mi sembrano tanti, ma immagino che quelli fondamentali riguardino il riempimento dei posti in ospedale. Non vorrei che un provvedimento simile inducesse le Regioni a non essere totalmente trasparenti riguardo a questi dati” ha spiegato Crisanti che non ha nascosto la sua mancanza di fiducia nei confronti delle Regioni. Il professore ha infatti immaginato che si verrà a creare una specie di competizione tra i governatori per voler emergere e dimostrare di essere il migliore. Tanto da portare i presidenti a truccare anche i numeri riguardanti i contagi. Anche perché, come sottolineato da Crisanti, i dati in questione sarebbero facilmente manipolabili. Le Regioni potrebbero decidere di ricoverare meno pazienti possibili per qualche settimana, arrivando, secondo l’esperto, a mettere in pericolo la stessa vita dei cittadini. Pesante come accusa.

Il professore preferirebbe, come scritto nella Costituzione, che in un caso straordinario come questo fosse il governo a dettare la via da seguire. Sulla prudenza mostrata invece da chi ci governa ha spiegato che “dipende da qual è il vero obiettivo dell'esecutivo. Potrebbe essere quello di arrivare entro pochi giorni a un lockdown per poi rimuovere le misure per Natale oppure di guadagnare tempo, rallentare il contagio, riorganizzare il sistema di tracciamento, fare il lockdown a gennaio e poi ripartire con un sistema rodato”.

Il rischio di una terza ondata

Crisanti è certo che in ogni caso il lockdown ci sarà, anche se, senza una strategia di tracciamento, è convinto che si vada incontro a una terza ondata. Non è infatti sufficiente solo ridurre i contagi ma si deve anche mantenerli bassi.

Se il governo non ha un piano in proposito, sta solo perdendo tempo, ha asserito il professore che ha poi affrontato il tema delle tre fasce regionali, la regola del semaforo. Questo progetto potrebbe rivelarsi utile, “se fosse presentato in modo chiaro potrebbe aiutare sia a rallentare il contagio adesso sia a consolidare il risultato dopo il lockdown”. La strategia di tracciamento che intende Crisanti si riferisce all’organizzazione totale volta a prevenire e controllare una possibile terza ondata. Ovviamente, dopo che si sarà terminata la seconda grazie a delle chiusure, per lui necessarie. E poi più tamponi, tracciamento dei contatti dei soggetti positivi, test rapidi e screening di comunità nelle scuole e nelle aziende.

Sulle misure attuali, Crisanti non si trova in accordo su tutta la linea: “Certamente chiudere bar e ristoranti è stato giusto, e trovo sensato lasciarli aperti a pranzo un po' per chi lavora e un po' perché non generano tanto traffico. Il coprifuoco alle 21 mi pare inutile già che è tutto chiuso e sembra solo demagogia. Ha senso invece limitare gli orari dei negozi e dei centri commerciali, così come i mezzi pubblici. Anche se mi domando: chi controlla che viaggino pieni al 50 per cento? Il problema è sempre lo stesso: bisogna fare poche regole semplici, severe e che le forze dell'ordine siano in grado di mantenere”. Un piccolo affondo finale alla Regione Veneto che secondo il suo parere sta sbagliando nel sostituire i tamponi molecolari con quelli antigenici.

I secondi sarebbero, a suo parere, da utilizzare soprattutto come prevenzione e non come diagnosi.

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