Se mettiamo in fila argomenti come la morte, il sacro, l'eros, il destino, la tradizione e pensiamo alle sedi o istituzioni scientifiche in cui tali argomenti possono essere dibattuti, non immagineremmo mai che uno degli spazi culturalmente più adatti per accogliere la discussione sia la Triennale di Milano.Fin dalla sua fondazione a Monza nel 1923, prima di essere ospitata nel 1933 a Milano nel Palazzo dell'arte progettato dall'architetto Giovanni Muzio, la Triennale è sempre stata il tempio della modernità, dove si è celebrato il matrimonio tra l'industria e le arti applicate, da cui è nato il design. Il canone moderno si è affermato voltando le spalle, più spesso sbeffeggiando, temi metafisici come la morte, il sacro, l'eros, il destino, e guardando al futuro attraverso l'idea di progresso tecnico e scientifico, pratico e funzionale, per progettare ambienti e oggetti d'uso (...)(...) consoni a una condizione di vita de-sacralizzata, de-erotizzata. Questo è stato il «credo» novecentesco celebrato nel tempio della modernità, la Triennale.Se adesso si scorre il programma della XXI Esposizione internazionale della Triennale, dal titolo molto snob 21st Century. Design after design, sembra, almeno nelle intenzioni (poi si vedrà cosa verrà fuori) la recita di un mea culpa per un peccato d'omissione. Quale sia il peccato si comprende leggendo i titoli delle singole manifestazioni e il comunicato in cui si sottolinea la necessità di lavorare per una nuova «drammaturgia del progetto». Quale progetto può diventare nuovo protagonista nella commedia della vita? Quello, appunto, che si confronta con i temi antropologici che la modernità aveva messo in soffitta come inutili anticaglie. Se non saranno disattese le aspettative, l'esposizione della Triennale rappresenta una novità culturale assoluta che ridefinisce il concetto tecnico e funzionale di «progetto» - tema intorno al quale si era sviluppato il dibattito moderno, novecentesco, tra arte e mondo della produzione industriale - per aprirlo a una visione della vita in cui l'idea trionfante di progresso scientifico non possiede più lo spazio che prepotentemente si era conquistata.Di questo cambiamento dell'idea di modernità, è testimone il fatto che l'Esposizione diffonda vistosamente le sue manifestazioni per tutta la città, quasi a sottolineare che lo spazio nel tempio della modernità è oggi troppo stretto, va oltrepassato, perché la «nuova» modernità deve confrontarsi sempre di più con ciò che accade nella vita vera, quella che si svolge giorno per giorno nella città italiana da sempre più internazionale e più aperta la futuro.
Non capisco perché, in questa euforia di rinnovamento culturale, undici mostre siano curate dagli stessi componenti - peraltro professionisti di alto livello - del comitato scientifico dell'Esposizione, trasgredendo una regola elementare per cui il controllore scientifico non dovrebbe essere il controllato. Una caduta di stile laddove lo stile dovrebbe essere di casa.Stefano Zecchi- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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