Cronache

Desio, avamposto dell'islam in Lombardia

Nella città brianzola meno di 3mila musulmani e tre moschee. In paese c'è chi ha paura. Siamo andati a vedere cosa succede SOSTIENI IL REPORTAGE

Desio, avamposto dell'islam in Lombardia

A Desio, nella provincia lombarda, di Monza e Brianza, il retaggio cattolico si percepisce ad ogni passo. Nella piazza principale, di fronte alla chiesa madre sorge il monumento a Papa Pio XI, Achille Ratti, che in questa città nacque. Di Desio è Don Giussani, il fondatore di Comunione e Liberazione: in ogni angolo si respira quell'aria un po' austera ma molto ordinata del cattolicesimo lombardo, verrebbe da dire quasi di manzoniana memoria.

Eppure da qualche anno il centro brianzolo è balzato agli onori delle cronache per la sempre più massiccia presenza di immigrati musulmani, che nel tempo sono arrivati a costituire quasi il 10% della popolazione residente. Le diverse migliaia di musulmani che convergono qui da tutta la provincia si concentrano nelle due moschee e nella sala di preghiera del paese. Inoltre c'è il progetto per un'ulteriore nuova struttura. E proprio qui si è sviluppato il cosiddetto "modello Desio" di lotta al terrorismo, fatto di continue retate, controlli a tappeto su centri culturali e attività commerciali gestiti dagli islamici.

Un attivismo tale da aver attirato l'attenzione degli americani dell'Open Society Institute di New York, che ha menzionato Desio nel proprio rapporto come esempio di paese in cui tale politica di sicurezza sta "aumentando l’isolamento dei musulmani nella società e creando danni per le relazioni interetniche e la coesione sociale". Gli islamici, dal canto loro, non hanno esitato a mostrarsi disponibili non solo al dialogo con la comunità locale, ma anche a ulteriori verifiche e controlli da parte delle forze dell'ordine. All'indomani degli attacchi di Parigi, a parlare è stata la comunità pachistana di Desio, che per bocca del suo responsabile Ashraf Mohammed Koakrah si è detta pronta per "aprire le porte e stanare il terrorismo".

Noi de ilGiornale siamo andati a vedere con i nostri occhi e abbiamo fatto visita ai pachistani dell'associazione Minaj Al Quran nel corso dell'ultimo venerdì di preghiera. Prima di farci entrare nella stanza adibita a moschea (ospitata peraltro in una struttura dei missionari saveriani), Ashraf ci concede un'intervista sui temi della sicurezza e dell'integrazione. Riconosce che la comunità musulmana va "sensibilizzata" rispetto al problema del fondamentalismo, ma spiega che le difficoltà molto spesso sono dovute a difficoltà linguistiche di espressione. Non ha paura di condannare apertamente gli attentatori di Charlie Hebdo, che definisce "musulmani miscredenti". Conferma, come aveva già fatto in passato, la disponibilità a collaborare con le forze dell'ordine italiane e addirittura si dice disposto a introdurre i sermoni in italiano ("almeno in parte, molti dei nostri non parlano bene l'italiano", chiarisce sorridendo).

Certo quando passiamo a parlare dell'islamofobia e della discriminazione le posizioni si fanno più nette: ci spiega che "le pubblicazioni blasfeme e offensive andrebbero censurate" e suggerisce che le istituzioni europee adottino una legge contro l'islamofobia. Perché "ci sono due pesi e due misure: se offendi gli ebrei vieni perseguito. Se invece offendi gli islamici è satira... " Incalzato sui temi del rischio infiltrazioni nei luoghi di culto, rivendica con orgoglio di far parte di un'associazione "il cui leader ha scritto una fatwa di 600 pagine contro il terrorismo", ma spiega che troppo spesso, in Italia, agli islamici viene negato il diritto di praticare la propria religione.

A Desio, però, gli islamici sembrano piuttosto ben integrati: la partecipazione alla preghiera del venerdì è alta e molti dei fedeli, ripiegati i tappeti verdi, vengono a salutarci alla fine della cerimonia. Sulla facciata bianca della casa dei missionari saveriani campeggia un grande striscione: "Sì alla pace, no al terrorismo".

Quando però ci spostiamo in centro, le voci della piazza suonano meno rassicuranti: "Sicuramente sono brave persone, ma dopo Parigi un po' di paura c'è - confessa un negoziante da dietro il banco - Non voglio criticarli perché sono miei clienti (ride, ndr) ma di sicuro qualche controllo in più ci vuole." Parole che trovano eco tra gli anziani che si scaldano al sole sulle panchine davanti alla chiesa principale del paese: "Nella religione non c'è mai nulla di male - spiega un'anziana signora - Ma noi siamo spaventati lo stesso." Poco distante, la badante peruviana rincara la dose e aggiunge anche qualche gesto che lascia poco spazio all'immaginazione: ha paura. Non vuole nemmeno essere ripresa: "Ci manca solo, poi mi ammazzano".

Non tutti, quindi, sembrano così ben disposti verso gli islamici e in molti non vedono di buon occhio l'apertura di nuovi luoghi di culto. La battaglia contro le nuove moschee è condotta dall'opposizione di centrodestra in consiglio comunale, che da anni si scaglia contro il "buonismo" dell'amministrazione progressista. "In autunno gli islamici volevano convertire l'ennesimo terreno agricolo in terreno edificabile per poi costruirci la moschea. Sarebbe stata la terza - spiega il consigliere provinciale Andrea Villa, della Lega - Con Forza Italia e altri ci siamo opposti e abbiamo raccolto le firme per stoppare l'iniziativa. Ce l'abbiamo fatta".

A metà degli anni 2000, peraltro, a Londra erano stati segnalati diversi soggetti a forte rischio radicalizzazione in viaggio da e per Desio. In Brianza la risposta si era tradotta in maggiori controlli e retate sempre più frequenti, ma la tensione non si è mai abbassata. E dopo gli attentati di Parigi, è tornata più alta che mai.

"L'appello alla pace lanciato dai pachistani è un bellissimo segnale, ci rende contenti - prosegue Villa - Ma bisogna ricordare che loro non rappresentano tutto l'Islam, che è un'altra cosa. E noi a diventare l'hub di tutti i musulmani del nord Italia non ci teniamo proprio." È la Desio più ancorata alle proprie radici, che prova a resistere. Metro per metro, moschea su moschea.

Fino a quando, nessuno lo sa.

Commenti