Guerra in Ucraina

"Dici fake news", "No, pongo domande". Capuozzo nel mirino

L'ex inviato di guerra risponde seccato alle accuse di aver diffuso fake news sulla strage di Bucha. "Ponevo domande, non mettevo in discussione né l'esistenza né il numero di vittime"

"Dici fake news", "No, pongo domande". Capuozzo nel mirino

Gli interrogativi sulla strage di Bucha continuano ad alimentare il confronto. Innescano ulteriori dubbi e creano contrasti. Del resto, soprattutto in guerra, la verità è un traguardo e non una certezza a portata di mano. Tra domande e osservazioni controcorrente sulla carneficina nella città ucraina, è ancora una volta Toni Capuozzo a far sentire la propria voce: stavolta, però, per replicare alle accuse di aver diffuso "fake news" sui social. In un articolo pubblicato su Il Foglio, l'ex inviato di guerra era stato infatti incolpato di aver dato spazio a "congetture" non verificate sulle atrocità commesse contro i civili; un rimprovero al quale il giornalista friulano ha risposto con toni particolarmente seccati.

Il Foglio, in particolare, rilanciando un report internazionale pubblicato dall’Institute for Strategic Dialogue, aveva indicato Capuozzo come una delle voci che più avrebbero insinuato dubbi sulla strage di Bucha attraverso i social. Grazie anche ai post particolarmente letti del giornalista - proseguiva il quotidiano in un articolo - l'Italia sarebbe risultata al primo posto per la condivisione di contenuti in cui si mettevano in discussione le dinamiche della strage. Tra gli interrogativi sollevati dall'ex inviato di guerra, quello sulle sul fatto che il sindaco di Bucha non avesse menzionato i corpi in un video pubblicato dopo il ritiro delle truppe russe. "Affermazioni che possono essere facilmente smentite", ha replicato Il Foglio, citando invece un'intervista rilasciata dal primo cittadino ad AP News il 7 marzo.

La ramanzina del quotidiano in merito alle presunte fake news, tuttavia, non è piaciuta affatto a Capuozzo, che ha prontamente replicato a quelle accuse. Innanzitutto, rimproverando alla controparte di essersi limitata a tradurre un report, senza chiedersi se i suoi post contenessero notizie false o qualcosa di ben diverso. I contenuti social incriminati - si è infatti difeso l'ex inviato al fronte - "ponevano delle domande sui morti trovati per strada, non mettevano in dubbio né l’esistenza né il numero delle vittime sepolte durante l’occupazione di Bucha da parte dei russi". E ancora: "Ponevano delle domande sui morti ritrovati per strada quando i russi se n'erano già andati, e su Bucha era passata una squadra speciale della polizia guidata da un nazista, a caccia di collaborazionisti e sabotatori".

Un punto sul quale Capuozzo, a distanza di settimane dai tragici eventi, continua a insistere. A dispetto di chi lo accusa. "Come mai alcune delle vittime avevano un fazzoletto bianco al braccio? Come mai accanto ai corpi spesso c’erano i sacchetti delle razioni alimentari russe? Domande rimaste senza risposta. Domande che possono essere scomode o semplicemente stupide, impertinenti o fuori luogo, ma domande, non notizie", ha ribadito ancora una volta il giornalista.

Poi, in un botta e risposta a distanza tra giornalisti, ecco la stoccata al quotidiano diretto da Claudio Cerasa. "In passato, non è un mistero, sono stato a lungo collaboratore de Il Foglio, dove tenevo la rubrica Occhiaie di riguardo. Sembra brutto ricordarlo ai lettori dell’analisi, meglio nascondermi nei meandri sotterranei dell’Azovstal dell'informazione. Meglio fare come nelle foto staliniane, togliamo il Capuozzo", ha punzecchiato il giornalista friulano, con un'allusione all'acciaieria diventata l'ultima fortezza del battaglione Azov a Mariupol.

Parole affilate, arrivate in risposta alle accuse di aver dato spazio a teorie "condivise senza briglie" che "inquinano il dibattito pubblico italiano".

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