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Due pesi e due minacce

Il governo ha stanziato altri 5,8 miliardi per le bollette. Sommati agli interventi precedenti, si arriva alla bellezza di circa 13 miliardi stanziati per tamponare gli aumenti del costo dell'energia.

Due pesi e due minacce

Il governo ha stanziato altri 5,8 miliardi per le bollette. Sommati agli interventi precedenti, si arriva alla bellezza di circa 13 miliardi stanziati per tamponare gli aumenti del costo dell'energia. Nella condizione in cui siamo, non si può che dire: giusto, bene, bravo. È la conferma che Draghi, in assenza di alternative se non quella del voto anticipato, può esercitare un grande potere. Anche sui partiti. A questo punto, però, le questioni diventano altre e riguardano come il governo esercita la sua forza, su quali priorità e con quali finalità. In questo contesto Draghi - più che ingaggiare un braccio di ferro con i partiti, che si limitano ad innalzare qualche vessillo identitario -, se la deve vedere con se stesso, con la sua visione del presente e, soprattutto, del futuro. È qui che si misura la sua lungimiranza.

È legittima, ad esempio, la rampogna che il premier ha fatto alla sua maggioranza per aver modificato in Parlamento la norma sull'utilizzo dei contanti (il tetto è di nuovo a duemila euro), mandando sotto il governo. È legittima anche se non si è per nulla d'accordo, visto che non sono certo i duemila euro la cifra - il solito slogan di sinistra - che consente l'evasione fiscale o favorisce le cosche. Detto questo, il premier può anche decidere di esercitare il suo potere per imporre alla maggioranza una disciplina sul tema.

Quello che stride, però, è un altro dato: la gerarchia - e le priorità, appunto - degli argomenti su cui Draghi decide di utilizzare la sua forza. È incomprensibile che il premier bacchetti i partiti sul contante, ma non provi neppure ad imporre un piano energetico (a parte l'aumento dell'estrazione del gas italiano a tre mesi dall'inizio della crisi) che metta il Paese al riparo di fronte al drammatico presente - conflitto ucraino e aumento del gas - e, soprattutto, lo preservi in futuro. Se non un governo tecnico a larga maggioranza politica, chi può sciogliere i nodi che incombono sullo sviluppo del Paese e la sua sovranità (Putin docet)? Se non Draghi, chi può imporre una riflessione sul nucleare pulito e sul gas senza cedere ad un facile ambientalismo ideologico?

Di tutto questo il premier non parla e così viene meno al ruolo per cui è stato chiamato a Palazzo Chigi. Rischiamo di sprecare gran parte dei fondi del Pnrr in misure tampone senza prepararci alle sfide del domani. È su questi temi che varrebbe la pena di rischiare una crisi di governo, non sui mille euro di contante in più. Senza contare, sarà solo una coincidenza, che la forza e le minacce il premier le usa più verso i moderati che non verso la sinistra. C'è da chiedersi, mi si conceda la battuta, se la battaglia per il Quirinale (e i suoi strascichi) ci abbia restituito un Pd più draghiano o un Draghi più in sintonia con il Pd.

E diciamoci la verità: un premier tecnico che pendesse più da un lato della sua maggioranza non gioverebbe a nessuno.

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